CAPITOLO IV

1792-1801: Austria, Europa centrale e Russia

 

… dans la société russe, ou la magnificence des aristocrates dépasse même  celle des nobles français de l’Ancien Régime.

Il lui semble, dit-elle, que le bon gout a sauté à pieds joints de Paris à Saint-Pétersbourg (1).

 

A Vienna le lettere di presentazione del conte di Wilsheck le aprirono le porte dei più prestigiosi salotti. Il più apprezzato da Elisabeth fu quello della contessa di Thoun, dove erano sempre invitati in gran numero nobili emigrati francesi, in particolare la famiglia Polignac e il gentile e buon conte di Vaudreuil che fui lietissima di rivedere (2).
Il clima culturale viennese era molto ricco e propizio per incontri fruttuosi. Oltre alle migliori famiglie austriache e ai numerosi nobili francesi, la pittrice trovò anche molti altri stranieri, per lo più russi e polacchi, che la riempirono di commissioni prestigiose: ebbe inizio proprio a Vienna la lunga serie di ritratti per la ricca e raffinata famiglia Stroganov (3). Fra i molti lavori del periodo austriaco è interessante notare il pastello che ritrae il Conte Maurice de Fries (1777-1826) (4), continuatore dell’opera del fratello Joseph, morto nel 1788, che aveva iniziato un’importante collezione di disegni e stampe (5) che la pittrice ebbe senza dubbio modo di ammirare. Il fatto che il conte collezionasse disegni e stampe potrebbe aver influenzato in due modi il ritratto eseguito dalla Vigée Le Brun. Innanzitutto si tratta di un pastello, e non di un olio, che comunque il ricco committente si sarebbe potuto permettere, in secondo luogo, il volto di tre quarti e lo sfondo paesistico con il castello di famiglia in evidenza ricorda la struttura del ritratto di un altro famoso collezionista di stampe e disegni: quello di Everard Jabach (6) di van Dyck. Il dipinto in questione fu fino al 1774 nella collezione Crozat, dove la pittrice avrebbe potuto vederlo, e poi fu acquistato da Caterina II (7).
Durante il soggiorno austriaco, Elisabeth fu molto occupata per accontentare le numerosissime richieste di ritratti dei vari personaggi che incontrava, la sera, a feste e intrattenimenti a cui era spesso invitata (8). Non ci racconta di particolari visite a monumenti o gallerie, ma appena poté, andò a trovare Casanova, pittore celeberrimo nel genere delle battaglie (9) le cui opere aveva veduto al Palais-Bourbon a Parigi. Delle opere che vide nel suo atelier di Vienna Elisabeth riportò che avevano dell’effetto, del colore, ma non erano terminati (10). Casanova era anche un loquace intrattenitore durante i pranzi nel palazzo del principe Kaunitz. Un giorno (…), la conversazione scivolò sulla pittura e si parlò di Rubens, e quando fu fatto l’elogio dell’eccezionale talento di quel pittore, qualcuno disse che grazie alla sua istruzione, anch’essa prodigiosa, era stato nominato ambasciatore. A tali parole, una vecchia baronessa tedesca prese a dire: "Come? Un pittore ambasciatore! È certamente un ambasciatore che si divertiva a dipingere!". "No, Madame – rispose Casanova – è un pittore che si divertiva a fare l’ambasciatore." (11).
A Vienna la Vigée Le Brun alloggiò in un appartamento fuori città e, come accadde in Italia, fece molti schizzi paesistici dal vero (12) e anche in questo caso essi sono riconoscibili in alcuni ritratti di quel periodo (13). Ero felice a Vienna (…) non pensavo dunque affatto di lasciare l’Austria prima che fosse possibile rientrare senza pericolo in Francia, quando l’ambasciatore di Russia e molti suoi compatrioti mi spinsero vivamente ad andare a Pietroburgo, dove mi assicuravano che l’imperatrice mi avrebbe vista arrivare con estremo piacere (14). Quindi, il 19 aprile 1795 la pittrice lasciò Vienna e partì alla volta di San Pietroburgo che raggiunse dopo un estenuante viaggio (15) il 25 luglio. L’accoglienza che le fu riservata fu molto calorosa e il suo talento apprezzato da tutti, tranne che da Caterina II, che non voleva essere ritratta da Elisabeth, ma cedette alle insistenze degli altri componenti della famiglia imperiale e le concedette le prima seduta proprio il giorno prima di morire.
La Vigée Le Brun amò moltissimo la Russia e ne apprezzò soprattutto il fatto che l’alta società fosse forgiata sul modello di quella francese dell’ancién regime. Alloggiò in un elegante appartamento situato nei pressi del Palazzo d’Inverno e quello che doveva essere un brevissimo soggiorno (16) si protrasse per ben sei anni. La famiglia imperiale le commissionò una strabiliante quantità di ritratti e la ricca nobiltà russa non fu certo da meno. Le sembrò di essere tornata alla Francia di un decennio prima e anche i suoi ritratti ritrovarono la stessa grazia e leggerezza di quegli anni. Le pose delle infreddolite e affascinanti dame della società russa sono semplici e mostrano un sentimento intimo di agio senza artifici. Non mancano comunque opere più teatrali o esotiche, come l’inusuale Ritratto della Principessa Poniatowska (17) del 1797, che ricorda, nella posa e nel costume orientaleggiante, la Lady Shirley di van Dyck (17).
Molti furono i ritratti della famiglia imperiale. Fra questi il doppio ritratto delle nipotine di Caterina di Russia (18) divenne quasi una questione di stato. In una lettera a Grimm l’imperatrice scrisse che non le piacevano quelle tuniques gros rouge et violette, e pensava che le sue due nipotine fossero state ritratte come deux vilaines petites Savoyardes coiffées en bacchantes, avec des grappes de raisin e deux singes accroupis qui grimacent a cote l'un de l'autre (19). La versione della Vigée Le Brun è la seguente: Appena Sua Maestà fu di ritorno da Czarskoiesiolo, il barone di Strogonoff venne a ordinarmi, da parte dell’imperatrice, i ritratti delle due granduchesse Alessandrina ed Elena. Queste principesse avranno avuto tredici o quattordici anni: il loro viso era celestiale, sebbene con espressioni assai diverse. (…) Le avevo raggruppate insieme, mentre tenevano e guardavano il ritratto dell’imperatrice: erano vestite un po’ alla greca, con molta semplicità e modestia. Fui dunque alquanto sorpresa quando Zuboff, il favorito, mi fece dire che Sua Maestà era scandalizzata di come avessi vestito nel mio quadro le due granduchesse. Credetti talmente a quella cattiva insinuazione, che mi feci premura di sostituire le mie tuniche con i vestiti che portavano le principesse e di coprire loro le braccia con tristi mezzemaniche. La verità è che l’imperatrice non aveva detto niente ed ebbe la bontà di assicurarmelo la prima volta che la rividi. Cionondimeno avevo guastato l’insieme del mio quadro, senza contare che le braccia graziose, che avevo dipinte come meglio sapevo, non si vedevano più (20). All’Ermitage, fin dal 1779 vi era il doppio ritratto di Elisabeth e Philadelphia Wharton di van Dyck (21) e i due ritratti hanno molto in comune: in entrambi le due bambine sono unite in un leggero abbraccio e, cosa più interessante, gli abiti di cui tanto si è discusso hanno gli stessi colori e sono completati da sottili collane d’oro. Il particolare degli abiti è ancor più rilevante se si pensa al caso fin troppo simile che occorse a van Dyck nel 1635 con il Ritratto dei tre figli di Carlo I (22), che dovette rifare daccapo, perché nel primo gli abiti con i quali aveva raffigurato i principini non erano adatti. L’opera rifiutata (23), da allora alla Galleria Sabauda di Torino, ritornò al pittore con lettere di chiarimento dal tono simile a quello di Caterina con Grimm (24). Senza la corrispondenza dell’imperatrice su questi fatti verrebbe da pensare a un’invenzione di Elisabeth per paragonarsi velatamente con il maestro fiammingo alla quale era già stata associata da altri (25) e da cui attingeva pose e soluzioni tecniche. Elisabeth visitò più volte l’Ermitage e vi ammirò le tante opere acquistate dalla intraprendente Caterina, che aveva raccolto eccezionali opere del passato (26) e chiamato a San Pietroburgo i migliori artisti stranieri del tempo. Fra questi ultimi vi era anche Gian Battista Lampi (27), che fece visita alla pittrice il giorno dopo il suo arrivo, la invitò a pranzo e lodò la sua opera, dimostrando in più occasioni di non essere geloso della sua fama e dei suoi introiti, come invece insinuava il suo protettore Zuboff (28).
Oltre ai molti ritratti ufficiali, la pittrice eseguì anche alcuni studi di vecchi, che la Nikolenko (29) dice eccellenti, e ancora una volta molti paesaggi.
Nonostante avesse trovato un clima alquanto favorevole in quella che lei definì la sua seconda patria, la pittrice non si dimenticò della Francia e mantenne con Parigi contatti non solo personali con amici e conoscenti, ma anche professionali, inviando al Salon del 1798, dopo sette anni dall’esposizione del Ritratto di Paisiello, due sue opere (30). Potrebbe essere stata proprio questa mossa a spingere una deputazione di otto artisti a presentarsi il 26 luglio dell’anno successivo a una sessione del Direttorio per inoltrare una petizione (31) firmata da 255 artisti, letterati e scienziati per cancellare dalla lista degli emigrée il nome della Vigée Le Brun, cosa che effettivamente accadde il 5 giugno del 1800. Elisabeth poteva dunque tornare a casa. Due mesi prima a Neuilly era morta la madre dell’artista e la figlia Julie si era sposata contro il volere della madre con Gaetan Bernard Nigris, segretario del direttore dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo.
L’ultima gioia che la Russia diede a Elisabeth fu la sua elezione a membro dell’Accademia di Belle arti di San Pietroburgo il 16 giugno del 1800 (33). Nell’ottobre successivo la pittrice fece un breve viaggio a Mosca e in primavera affrontò il viaggio che l’avrebbe finalmente riportata a Parigi: Quando varcai la frontiera della Russia mi sciolsi in lacrime: volevo tornare sui miei passi e mi ripromisi che sarei tornata da coloro che mi avevano colmata a lungo di benevolenze e di amicizia e il cui ricordo mi sta sempre nel cuore (34).
Il viaggio verso Parigi non fu però frenetico: a Berlino Elisabeth trovò altre importanti commissioni presso la casa regnante, tanto che vi sostò per ben sei mesi. Da quanto ci dice nei Souvenirs non eseguì però ritratti a olio per la famiglia reale: fece solo numerosi pastelli preparatori che portò con sé in Francia dove li usò per realizzare vari quadri (35). Prima di partire divenne anche membro dell’Accademia di Berlino, alla quale lascerà nel suo testamento un ritratto eseguito durante il soggiorno a Vienna (36) e rimasto in suo possesso. Si fermò anche a Dresda e a Francoforte. A Brunswick si separò dal cognato Riviére e il 18 gennaio del 1802 entrò a Parigi.

  1. DE KERTANGUY, 2000, p.222.
  2. VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.101.
  3. Più precisamente nel 1775 la Vigée Le Brun aveva già eseguito a Parigi il ritratto di uno Strganov, il Conte Alexander Sergeevich Stroganov (1734-1811), Presidente dell’Accademia delle Arti di San Pietroburgo, ma fu dal 1793 al 1801 che la nobile famiglia russa, nei suoi due rami (i conti e i baroni) commissionò a cadenza quasi annuale numerosi ritratti all’emigrante francese. Del 1793 è il Ritratto del Barone Grigory Alexandrovich Stroganov (1769-1857), busto, olio su tela ovale, 91,5 x 67 cm, firmato e datato, oggi all’Ermitage di San Pietroburgo. L’ultimo ritratto, a pastello, di un membro di questa famiglia, è quello del 1801 della contessina Natalia Pavlovna Stroganov (1796-1872), di cui si ha una breve descrizione nell’articolo della Nikolenko (The Russian Portraits of Madame Vigée-Lebrun, "Gazette des Beaux Arts", 109e année, 1967, LXX, July-August, p. 116). Credo che per la coincidenza del soggetto e del medium, il ritratto in questione sia identificabile con il pastello firmato e datato, 38,5 x 29,5 cm, venduto a New York da Christie’s il 18 aprile 1989.
  4. Fig.10a. Pastello su carta incollata su tela, ovale, 54 x 44 cm, firmato in basso a sinistra, a punta di piombo, Me Le Brun, Parigi, Musée du Louvre, Cabinet des Dessins. Il ritratto è del 1793.
  5. Informazioni sulla famiglia di collezionisti in T. Miotti, Il collezionista di disegni, Neri Pozza Editore, Venezia, 1962, p.203.
  6. Fig.10b. Olio su tela, 113 x 91,5 cm, Ermitage, San Pietroburgo. Il ritratto di van Dyck è rettangolare, ma le braccia e la testa formano un ovale che concentra l’attenzione nella parte centrale del quadro. Everard Jabach (1607-1695) era un banchiere e un appassionato collezionista di disegni (e i 5500 disegni della sua prima collezione furono ceduti al Gabinetto reale francese), MIOTTI, 1962, pp.59, 197 e 220.
  7. È anche possibile che la Vigée Le Brun abbia visto una copia anonima del quadro che in quegli anni era a Firenze, nella collezione di Ulrich Middeldorf (E. Larsen, The paintings of Anthony Van Dyck, 2 voll., LUCA Verlag Freren, 1988, p.344).
  8. La sua notorietà è testimoniata anche dal fatto che durante il periodo viennese ella eseguì almeno tre autoritratti. Uno per il conte Bystry, olio su tela, 21 x16,5 cm, già nella collezione di Otto Gutekunst, un altro, olio su tela, 79 x 63 cm, oggi in una collezione privata statunitense e una replica del primo, olio su tela, 64 x 52 cm, oggi a New York in una collezione privata (H.T. Douwes Dekker, Gli autoritratti di Elisabeth Vigée-Lebrun (1755-1842), in "Antichità Viva", XXII, 1983, n.2, luglio-agosto, pp. 31-35).
  9. VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.102. Francesco Giuseppe Casanova (1727-1802), fratello del più noto Giovanni Giacomo, nacque a Londra, studiò presso Guardi a Venezia, dove morì, e fu a Parigi dal 1761 al 1783, divenendo membro dell’Académie Royale (ibidem, p.177).
  10. Ibidem, 1835-37, p.102.
  11. Ibidem. È probabile che, anche senza quella prodigiosa istruzione, anche la Vigée Le Brun si sentisse in un certo qual modo -e del tutto impropriamente- ambasciatrice della monarchia francese durante il suo lungo esilio in Europa. Spesso la pittrice inserisce piccoli aneddoti più o meno direttamente riferiti a grandi pittori del passato, con i quali evidentemente tentava di identificarsi. Oltre al caso citato pare che nel 1784, durante la sua seconda gravidanza la regina Maria Antonietta si fosse chinata a raccoglierle la tavolozza e i pennelli che le erano caduti, come accadde a Tiziano, e Caterina di Russia disapprovò l’abbigliamento delle sue nipotine in un quadro della pittrice come successe a Van Dyck con Carlo I (si veda oltre).
  12. Le rive del Danubio sono magnifiche...a sinistra di dove sedevo potevo vedere la ripida montagna di Kahlenberg in lontananza. Incantata da questa deliziosa campagna mi sistemai sulla riva, e prendendo i miei pastelli iniziai a disegnare i begli alberi e l’area intorno ad essi (VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.105).
  13. Il Ritratto della Contessa Theresa Kinsky, olio su tela, 134,6 x 99,1 cm, California, Pasadena, Norton Simon Museum of Art, il già ricordato (si veda nota 4) Ritratto del Conte Maurice De Fries (1777-1828), il Ritratto della contessa von Schoenfeld (1767-1805) con la figlia in grembo, olio su tela, 136 x 99 cm, firmato e datato in basso a sinistra: L. E. Vigée/Le Brun à/Vienne 1793, Tucson, The University of Arizona Museum of Art, Kress Collection. Tutte e tre le opere sono del 1793.
  14. VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.106.
  15. Le tappe del lungo viaggio furono Praga, Budin, Dresda, Koenigsberg, Berlino, Reinsberg e Peterhoff.
  16. VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.106.
  17. Fig.18a. Olio su tela, 127 x 96 cm, ubicazione e provenienza sconosciute.
  18. Figg.18b/c. Olio su tela, 197,5 x 138,7 cm, Petworth House, Sussex, National Trust. Cfr. Scheda n.18 e  Capitolo VIII, p.100 e segg.
  19.  Fig.12a Le giovani granduchesse Yelena (1784-1803) e Aleksandra (1783-1801) Pavlovna figlie dell’imperatore Paolo I che guardano un medaglione con l’effigie di Caterina II, 1796, olio su tela - tondo dipinto -, 99 cm Æ , firmato e datato a destra sullo sfondo: Le Brun 1796, Ermitage, San Pietroburgo.
  20. S. Nemilova, The Hermitage, Catalogue of Western European Painting, French Painting, Eighteenth Century, Giunti, Firenze, 1986, p.413.
  21. VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.114. Dato che l’esame radiografico non ha rivelato differenze di colore e di stile degli abiti è probabile che la pittrice abbia rifatto del tutto il quadro. Cfr. Scheda n.12.
  22. Fig.12b. Olio su tela, 162 x 130 cm.
  23. Olio su tela, 133,4 x 151,8 cm, Windsor Castle, H. M. the Queen.
  24. Olio su tela, 151 x 154 cm, Torino, Galleria Sabauda.
  25. Fra le altre vi è quella del conte Cisa, in cui si legge che il re faché contre le paintre Vandec por ne leur avoir mis leur Tablié comme on accoustume aux petit enfants. Informazioni e citazioni da LARSEN, 1988, p.319.
  26. Si vedano nel  Capitolo VI i commenti sul suo Autoritratto per gli Uffizi.
  27. Un gran numero di dipinti erano stati acquistati dalle collezioni Crozat e Thiers. Fra le altre una Madonna con Bambino di Rubens, olio su tela 108 x 84 cm, il Ritratto di dama di servizio dell’infanta (o Clara Serena Rubens) di Rubens, il Ritratto di Everhard Jabach di Van Dyck, olio su tela, 113 x 91,5 cm, che, oltre al già citato ritratto di Elisabeth e Philadelphia Wharton di Van Dyck, olio su tela, 162 x 130 cm, sono tutti ancor oggi all’Ermitage.
  28. La Craveri (VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.179) riporta date improbabili per la nascita e la morte di questo pittore: il 1771 e il 1838. Si trattava, con tuta probabilità, di Lampi padre (1751-1830) e non del figlio (1775-1837), la cui attività si svolse con maggior successo nell'Ottocento. È interessante notare che in alcune opere di Lampi senior sono rintracciabili vaghi influssi dallo stile della Vigée Le Brun, come nel ritratto della Contessa Potocka (Trento, Castello del Buonconsiglio). Per notizie biografiche sui due pittori si veda Un museo nel Castello del Buonconsiglio. Acquisizioni, contributi, restauri, catalogo della mostra a cura di L. DAL PRA', Trento, Castello del Buonconsiglio, 2 giugno-3 settembre 1995, Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni Culturali Castello del Buonconsiglio, Monumenti e collezioni provinciali, 1995, pp.54-55.
  29. Zuboff, favorito di Paolo I, secondo le memorie di Elisabeth non perdeva mai l’occasione per parlare male di lei e metterla in cattiva luce soprattutto con l’imperatrice.
  30. One of the most characteristic among them is the portrait of the old Count Alexey Orlov Tchemensky, the famous champion of Catherine the Great in her fight for power and her wars. Mme Vigée Le Brun painted him without any paraphernalia of a hero, simply as an old man in a red house robe with a large fur collar, and a white kerchief around his neck. Nothing diverts attention from his crafty face. NIKOLENKO, 1967, p. 93.
  31. Un ritratto della figlia Julie che suona la chitarra, olio su tela, 83 x 100 cm (non si sa se fosse la versione già appartenuta al Kimbell Art Museum, Fort Worth, Texas, o la replica autografa della Fondazione Tatiana Zuboff di Ginevra) e la celeberrima Sibilla del 1792, olio su tela, 139 x 101 cm, oggi in una collezione privata inglese (più precisamente doveva trattarsi di una replica, poiché la pittrice afferma che durante il suo successivo soggiorno in Germania aveva con sé questa tela).
  32. Baillio riporta nel suo catalogo del 1982 (p.14) che il documento è riprodotto in A. Girodie, Un peintre de fêtes galantes, Jean-Fréderic Schall, Strasbourg, 1927, pls. XLIV-XLVII. Il 6 ottobre del 1793 Le Brun aveva tentato, senza fortuna, di far apparire la moglie non come un’emigrata politica bensì come una pittrice in viaggio all’estero per perfezionare le sue conoscenze artistiche. Il 3 giugno dell’anno successivo, per paura di ritorsioni nei suoi confronti, egli ottenne il divorzio dalla Vigée Le Brun (si veda il Documento n.8).
  33. Uno dei ricordi più cari che ho riportati dai miei viaggi è quello della mia ammissione a membro dell'Accademia di Pietroburgo. Fui avvisata di questa ammissione dal barone di Strogonoff, allora direttore delle Belle Arti, che mi comunicò il giorno fissato per esservi ammessa. Mi ero fatta fare l'uniforme dell'Accademia, un abito da amazzone, una giacchetta viola, una gonna gialla, cappello nero a piume.
  34. Alla una, giunsi in un salone che precedeva una grande galleria, in fondo alla quale scorsi il barone Strogonoff, seduto a un tavolo. Fui invitata ad andare vicino a lui. Per fare questo dovevo attraversare quella lunga galleria dove avevano eretto da ogni parte gradinate tutte gremite di spettatori; ma dato che scorgevo fortunatamente tra la folla molti amici e conoscenti, giunsi fino in fondo alla sala senza turbarmi troppo. Il conte mi rivolse un discorsetto molto lusinghiero, poi mi diede, da parte dell'imperatore, il diploma che mi nominava membro dell'Accademia. Tutti allora applaudirono così vivamente che ne fui commossa fino alle lacrime, e mai dimenticherò quel momento commovente. Feci subito il mio autoritratto per l'Accademia di Pietroburgo; mi raffigurai mentre dipingevo con la tavolozza in mano. VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.131. L'opera, a olio su tela, 78,5 x 68 cm, è oggi a San Pietroburgo all’Ermitage.
  35. VIGÈE LE BRUN, 1835-37, p.138.
  36. Due pastelli ovali della regina di Prussia Luisa Augusta von Mecklenburg-Strelitz (Schlöß Charlottenburg, Preussischer Kulturbesitz, Berlino), uno del suo consorte Ferdinand, uno di Auguste, fratello della regina, e uno del principino Auguste Ferdinand (33 x 25,4 cm, venduto da Sotheby's, New York, nel gennaio del 1990 per $33,000. Si veda la scheda n.6), inoltre alcuni di giovani principesse imparentate con la famiglia reale: Aniela Czartoryska, née Radziwill, Parigi, collezione privata; Teresa Czartoryska, Musèe de Tarnòw; Principessa Louise Radziwill, nata Hohenzollern, 59 x 42 cm, venduto da Christie’s, Londra, il 14 Aprile 1992 per £50.600.
  37. Contessa Theresa Kinsky con scialle rosso e turbante, busto, olio su tela ovale, 73 x 60 cm. Ubicazione attuale sconosciuta.