CAPITOLO VIII

Analisi delle opere di Elisabeth Vigée Le Brun dipendenti da modelli neerlandesi (1)

Questa donna ha l'intelligenza dei maestri; -ha qualcosa di Van Dyck-; dipinge come un uomo. (2)

La prima indiscutibile testimonianza della derivazione diretta di un dipinto della Vigée Le Brun da un'opera di un altro autore si trova nelle sue memorie, dove ella confessa, non senza orgoglio, che il suo Autoritratto col cappello di paglia del 1781 (3) è un omaggio allo Chapeau de paille (4) di Rubens visto ad Anversa presso il collezionista van Havre (5). Di più: la pittrice lo considera una nuova versione del dipinto, in cui ella riesce a raggiungere lo stesso gioco di luci dirette e indirette creato dal grande maestro fiammingo.
In gioventù la pittrice aveva già usato opere di pittori coevi per eseguire ritratti di vari personaggi (anche di Maria Antonietta), ma in quei casi si trattava di copie pedisseque, non di rielaborazioni personali. Con l’Autoritratto del 1781, ella ci svela la natura del suo apprendimento artistico e il genere di approccio nei confronti dei lavori dei maggiori maestri.
Anche se spesso sono i costumi e le pose gli elementi più sfruttati da Elisabeth, in questo e in altri casi è una soluzione tecnica ad ispirarla. Sono le luci ed i colori che Rubens ha usato (6) che lei cerca di riprodurre nel suo autoritratto: il suo grande effetto sta nei due diversi tipi di illuminazione prodotti dalla luce del giorno e da quella del sole; quindi i toni chiari sono al sole, e i toni, che in mancanza di altra parola devo chiamare ombre, sono prodotti dalla luce del giorno (7). La posa è differente, il taglio è diverso e gli abiti si assomigliano solo per i colori e la scollatura maliziosa. Forse solo un pittore può apprezzare tutta la potenza di esecuzione dispiegata qui da Rubens (8), e come pittrice ella si mostra in questo autoritratto, con in mano tavolozza e pennelli (9).
Oltre al ritratto di Susanne Fourment, durante il viaggio nei Paesi Bassi la Vigée Le Brun ebbe modo di ammirare molte altre opere, come si è già visto precedentemente (10). Ad Anversa, in quel periodo, era possibile vedere il ritratto di Jan Gaspar Gevaerts di Rubens (11) presso i discendenti del modello. L’influsso di quest’opera è evidente nel ritratto del 1799 della Principessa Isabella Lubomirska (12), che, come il cronista anversese, siede a una scrivania con carte, libri e occorrente per scrivere e ha di fronte un busto antico di profilo. Entrambi i personaggi sono rivolti verso lo spettatore, ma mentre il serio personaggio fiammingo è colto durante il suo lavoro, la nobildonna non indugia fra le sue carte e si presta con magnanimità ad essere osservata e ritratta.
Anche la galleria del marito Jean Baptiste Pierre Le Brun e le collezioni private parigine, parte delle quali egli aiutò a formare (13), sono state fonti di ispirazione molto significative per la pittrice. In uno di questi frangenti Elisabeth ammette il plagio: nel 1787, si finge istigata da David a usare una delle stampe del consorte con una Sacra famiglia di Raffaello (14) per risolvere lo spinoso problema della composizione del grande ritratto di Maria Antonietta con i figli a Versailles (15). Al Salon nessuno si accorse del plagio forse anche perché, in fondo, dal dipinto di Raffaello la pittrice aveva preso semplicemente la composizione piramidale delle figure e il san Giovanni, tramutato nella principessina Marie Thérèse Charlotte.
Era già la seconda volta che la pittrice "copiava" un’opera appartenente al marito senza che nessuno lo notasse. Nel 1780 dipinse quello che sarebbe stato il suo morceau de réception all’Academie Royale tre anni più tardi: La Pace che riporta l’Abbondanza (16). Molti critici del Salon del 1783 (17) accusarono la pittrice di aver spudoratamente copiato, ma come prove portavano dipinti che, pur avendo lo stesso tema, non avevano molto in comune con l’opera della Vigée Le Brun né dal punto di vista compositivo, né, soprattutto, da quello stilistico (18). Nell’anno in cui l’opera fu eseguita, invece, nella galleria di Le Brun, vi era uno studio di Rubens per i dipinti della Galerie du Luxemburg intitolato proprio La Pace che abbraccia l’Abbondanza (19). La pittrice, sempre più desiderosa di essere accettata all'Accademia come pittrice di storia, non poteva non approfittare del nuovo "suggerimento" che Rubens le porgeva. Sembra quasi che la Vigée Le Brun abbia cercato in quest'opera una sintesi fra lo stile di Rubens e quell'eleganza civettuola che aveva reso tanto popolari i suoi graziosi ritratti delle dame del bel mondo parigino. La figura dell'Abbondanza infatti risente maggiormente dell'influsso del fiammingo con le sue forme sensuali e procaci e i colori intensi e caldi (e al Salon molti (20) si erano blandamente accorti che l'opera aveva una certa aria rubensiana), mentre la Pace, con il suo abito viola, i capelli scuri e il volto affilato è decisamente una delle jolies têtes françoises "tipiche" (21) di Elisabeth.
Lo studio di Rubens era stato eseguito per il ciclo mediceo, che la Vigée Le Brun aveva potuto ammirare fin da giovanissima e dal quale aveva attinto avidamente numerosi stralci (22). Non stupisce allora che nel 1785 ella derivi da una figura allegorica dell’episodio dell’Apoteosi di Enrico IV e proclamazione della reggenza di Maria de’ Medici (23) la bella posa della Baccante con pelle di tigre (24). L'impeto drammatico della figura rubensiana si scioglie nella rivisitazione della pittrice in un atteggiamento morbido e sensuale. La Baccante non usa il braccio sollevato per difendere il volto da una scena grandiosa, ma per metterlo in evidenza ed evitare di essere abbagliata dalla luce del sole che accentua il candore della pelle esaltato dallo sfondo scuro e dalla pelliccia adagiata sulle gambe nude e parfaitement imitée (25). Di quest'opera si discusse lungamente nel Salon del 1785, sotto numerosi punti di vista (26). L'argomento di maggiore interesse non faceva però riferimento all'opera dal punto di vista artistico o stilistico: non potendo partecipare alle lezioni di nudo all'Accademia, come poteva una donna dipingere una donna svestita?
La maggior parte dei critici prese in considerazione questo enigma come un rimprovero a tutte quelle donne pittrici che osavano oltrepassare i limiti imposti dalle regole non scritte dell'Accademia: non potevano dipingere allegorie perché non avevano la preparazione adatta, dovevano invece accontentarsi di ritratti, miniature e nature morte e preferibilmente utilizzare il più femminile pastello piuttosto che l'olio, considerato una prerogativa virile. Altri critici invece si interessarono alla questione con un approccio ben più intrigante: per non accreditare alla pittrice la sconveniente ipotesi di aver avuto una modella privata, ritennero che la Vigée Le Brun avesse ritratto se stessa nelle (poche) vesti della seguace di Bacco. La faccenda ha risvolti ancora più piccanti se si considera il fatto che oltre a questa Baccante, Elisabeth ne eseguì un'altra molto simile nella fisionomia (27) per il conte di Vaudreuil, da molti ritenuto suo amante.
Il conte de Vaudreuil era uno dei più assidui committenti di Elisabeth e di certo ella aveva visitato la sua casa di Parigi, adorna
della collezione di quadri fiamminghi e olandesi che Le Brun aveva consigliato al conte di acquistare (28). Fra queste opere vi era anche l'eccezionale ritratto di Helene Fourment coi figli Clara Joanna e Frans di Rubens (29), che faceva parte della vendita del 1784 organizzata per Vaudreuil dallo stesso Le Brun e che fu acquistata per le collezioni reali. Di certo la pittrice aveva ammirato spesso il dipinto del suo più amato maestro e se ne ricordò a lungo, visto che lo stesso tipo di tocco che Rubens usò per ritrarre suo figlio, lei lo riprese in un pastello (30) eseguito a Dresda nel 1801.
Un'altra opera di storia eseguita dalla pittrice su commissione di Vaudreuil è la Venere che lega le ali a Cupido (31) del 1780 (32), che il conte acquistò dopo il Salon del 1781 (33). Anche qui si può notare una certa affinità con un ritratto di famiglia di Rubens: Helene Fourment con il figlio Frans su una terrazza (34). La pittrice non poteva aver visto l'opera direttamente, ma è probabile che all'epoca ne esistesse un'incisione, infatti è abbastanza chiara la dipendenza del pastello della Vigée Le Brun dalla composizione rubensiana. La posa della Venere e del Cupido che tiene sulle ginocchia è quasi la stessa della moglie e del figlio di Rubens, ma speculare. La posizione del corpo delle due donne, la nudità dei bambini e i volti, che, in entrambi, sono appena inclinati con dolcezza e intenti a guardare lo spettatore sono molto simili e anche il leggero drappo fluttuante sulla schiena della Venere può sembrare una ripresa del motivo della mantellina bianca che Helene Fourment ha sulle spalle.
La Vigée Le Brun venne accusata di avere una relazione sentimentale anche con un altro importante collezionista di arte fiamminga e olandese: Charles Alexandre de Calonne, ministro delle finanze. Egli possedeva un Ritratto di Saskia van Ulenborch di Rembrandt (35) di cui la pittrice mostra un chiaro ricordo nel ritratto di Arabella Diana Duchessa del Dorset (36), eseguito nel 1804, in Inghilterra. I busti delle due donne emergono da un fondo scuro uniforme e i loro volti sono rischiarati da una luce che sembra provenire dai colletti candidi delle camicie che spuntano dagli abiti neri come la pece. Saskia indossa un casto velo dai toni ambrati, che però non riesce a contenere i bei riccioli biondi che ricadono mollemente sulla fronte. Anche i capelli corvini della duchessa del Dorset fanno capolino dal suo copricapo, che è però un berretto rosso adornato da una piuma nera. Questo particolare rimanda a un altro dipinto di Rembrandt, un Ritratto di donna in costume di fantasia (37), in cui è presente lo stesso tipo di accostamento di luci e ombre, e dove la donna indossa un cappello ornato di piume scure.
Le visite della pittrice alle collezioni parigine a lei contemporanee furono assidue, ma ella non si limitò a questo. Molte delle sue opere dimostrano chiaramente che Elisabeth conosceva anche dipinti appartenuti a collezioni estinte prima della sua nascita o durante la sua primissima infanzia. Di alcune collezioni erano disponibili cataloghi di inventario o di vendita con incisioni o disegni illustrativi, di altre, invece, la Vigée Le Brun seguì le orme e ne trovò i frammenti presso i nuovi proprietari.
Nel 1746 era stato stilato l’inventario della collezione Huet e il numero 668 era il Nicolaas de Respaigne in costume orientale di Rubens (38), che nel 1751 arrivò a Kassel. Anche se non vi è una testimonianza sicura, del dipinto doveva essere stata eseguita un'incisione per il catalogo dell’inventario o per quello della vendita, poiché l’impianto del ritratto è identico a quello che la pittrice usò nel 1789 per il ritratto di Mohammed Dervisch-Khan, ambasciatore indiano, col suo pugnale (39). Mohammed Dervish-Khan si staglia al centro della grande tela con forza, occupandola quasi completamente, con la stessa protervia e massa di Nicolaas de Respaigne. La posa è identica e anche l'abbigliamento dei due personaggi è simile, con un'alta fascia che trattiene un po' più in alto della vita la lunga veste.
Vero è che Rubens utilizzò più volte il prototipo del Nicolaas (40) in opere più facilmente accessibili alla pittrice e nelle collezioni reali c’era l’Autoritratto in costume orientale con barboncino di Rembrandt (41), che presenta anch'esso delle analogie compositive col Mohammed della Vigée Le Brun, ma in queste altre opere ci sono sostanziali differenze sia di posa che di impostazione, che invece non si presentano nel confronto con il Nicolaas de Respaigne.
La collezione Crozat sembra essere stata una fonte inesauribile di modelli che la Vigée Le Brun assorbì e rielaborò negli anni, dopo aver avuto la possibilità di conoscerli prima a Parigi (42) e poi di rivederli alla corte russa di Caterina II.
Fra le opere della collezione acquistate da Caterina II vi era il ritratto di Everhard Jabach di Van Dyck (43). Questo dipinto sembra essere ritornato in mente alla pittrice durante il suo soggiorno a Vienna, sia per la composizione, sia ancor più per il soggetto. Infatti, come l'illustre predecessore anversese, Elisabeth era stata chiamata a immortalare un banchiere e collezionista di disegni (44): il conte Maurice De Fries (45). I due ritratti, pur non avendo corrispondenze molto precise, hanno comunque discrete affinità, come la posa di tre quarti dei due soggetti, il limpido sfondo paesistico in cui spicca il castello, simbolo del potere e della ricchezza del personaggio, che non era stata messa in risalto nell’abbigliamento dei due personaggi, che in entrambi i casi è sobrio e lascia che l'attenzione dello spettatore si concentri sul volto pacato del modello ritratto.
Caterina di Russia si era già accaparrata la Madonna con Bambino di Rubens (46) in un’asta Crozat-Thiers precedente, nel 1771. Anche in questo caso la pittrice poteva essere presente all’asta, ma poteva anche aver visto l’opera direttamente a San Pietroburgo nel 1795, dove il dipinto era ed è a tutt'oggi. L'influsso di quest'opera è evidente nel ritratto della Principessa Alexandra Petrovna con il nipote Piotr (47) del 1796. La composizione è identica: la Madonna è ritratta seduta a figura quasi intera mentre sostiene con tenerezza il figlio, che si slancia affettuosamente verso il volto della madre. Nel caso della contessa e di suo nipote, c'è un certo calo di tensione, poiché gli sguardi dei due personaggi non si incontrano: la principessa infatti non guarda intenerita il piccolo Piotr come fa invece la Madonna col Bambino, ma fissa la pittrice, quasi a voler controllare l'esecuzione del suo ritratto.
Fra le opere in possesso della zarina, altre due di van Dyck sembrano aver ispirato Elisabeth durante e dopo il suo soggiorno russo. La prima è il doppio ritratto di Elisabeth e Philadelphia Wharton (48), che è chiaramente ripreso nel ritratto delle due giovani granduchesse Yelena e Aleksandra Pavlovna figlie dell’imperatore Paolo I (49). Le due coppie di bambine hanno molti particolari in comune: sono unite in un leggero abbraccio e le loro figure snelle ed eleganti spiccano su un fondo neutro. Gli abiti, pur di foggia ben diversa, hanno gli stessi colori, azzurro uno, bianco e rosa l'altro, e l'abbigliamento è completato da semplici e sottili collane d'oro. Il particolare degli abiti è più interessante di quanto si possa credere, infatti pare che la Vigée Le Brun abbia dovuto rifare il quadro (50) per le rimostranze fatte da Caterina II sulla versione precedente in cui, secondo l'imperatrice, le sue nipotine avevano un abbigliamento sconveniente (51). Siamo davanti a uno dei numerosi casi di immedesimazione della nostra pittrice con un maestro del passato di cui già imita lo stile: infatti è famosa l'analoga vicenda accaduta nel 1635 a van Dyck con il ritratto dei tre figli di Carlo I (52). Se non fosse per le lettere di Caterina II a Grimm sarebbe facile pensare a una invenzione di Elisabeth.
Dal 1769 all’Ermitage c’era anche il ritratto di Willem II di Nassau e Orange, sempre di Van Dyck (53), di cui si trovano chiare tracce nel presunto ritratto del Giovane Polastron (54), di cui non si conosce la datazione esatta, ma che ritengo possa risalire al periodo del soggiorno inglese (1803-1805) (55) di Elisabeth. La posa del giovane Polastron è identica a quella usata da van Dyck per Willem, ma speculare. L'atteggiamento fiero e quasi sprezzante del damerino francese, sarebbe quasi più adatta all'altro fanciullo, che tiene nelle mani un bastone e una piccola spada. Nel dipinto della Vigée Le Brun tutti i particolari sono invece frivoli: al posto dei simboli del potere militare vi sono una poltrona baroccheggiante e un cappello a tesa larga con un nastro e una grande piuma, mentre il bambino ha un elegante abito di seta e pizzi (56). L'ambientazione è ben diversa: van Dyck inserisce il suo modello in un paesaggio, mentre la Vigée Le Brun preferisce un interno elegante, con un gran drappo scenografico, tipico dei ritratti ufficiali del Seicento.
Qualche anno prima di soggiornare in Russia, nel 1792, la Vigée Le Brun aveva trascorso qualche settimana a Milano. In quel periodo, alla Pinacoteca Ambrosiana, c’era la Madonna col Bambino in ghirlanda di fiori di Rubens (57). L’anno successivo, a Vienna, la stessa posa della Madonna e del Bambino, si trovano nel ritratto della Contessa von Schoenfeld con la figlia in grembo (58). Anche qui, come si è già visto per la Principessa Alexandra Petrovna con il nipote Piotr (59), la donna ritratta osserva la pittrice e anche la bambina è rivolta verso di lei, ma madre e figlia sono teneramente legate nello stesso affettuoso abbraccio della Vergine col Bambino di Rubens.
La Germania fu per la Vigée Le Brun un passaggio obbligato sia per arrivare in Russia nel 1795, sia per tornare in Francia nel 1801. Il William Pleydell-Bouverie, Terzo Earl di Radnor (60) eseguito a Londra, presenta la stessa posizione del personaggio del Ritratto a figura intera di uomo in piedi davanti a una porta di Rembrandt (61) che era a Kassel durante i due passaggi della pittrice in Germania. Sappiamo che almeno la seconda volta la Vigée Le Brun vi fece una breve tappa. Nella postura del giovane politico vi è anche un certo ricordo del Rupert, principe del Palatinato di Van Dyck (62) del Kunsthistorisches Museum di Vienna, dove Elisabeth era stata dal 1793 al 1795.
Alcune opere della Vigée Le Brun mostrano un rapporto evidente con modelli fiamminghi, che però non sono facilmente collocabili all'epoca della pittrice, quindi non è chiaro come e se ella abbia potuto vederli davvero. Per certi dipinti molto noti, è possibile che esistessero delle incisioni o delle copie di altri autori, con cui Elisabeth poteva essere venuta in contatto. Per esempio, la Ragazza appoggiata a un davanzale (63) di Rembrandt era all'epoca molto apprezzata in Francia ed è probabile che molti pittori l'avessero copiata. Dal canto suo, Elisabeth mostrò di apprezzare più dei suoi contemporanei (64) le opere di Rembrandt e non mi sembra azzardato vedere nel ritratto della piccola Caroline Lalive de la Briche (65) del 1787, un omaggio alla Ragazza appoggiata a un davanzale. Come la sconosciuta bambina olandese del quadro di Rembrandt, anche Caroline è posta di tre quarti con le braccia conserte e il volto frontale e indossa una semplice camiciola di mussola bianca. Il quadro di Rembrandt era nella collezione Crozat e riscosse molto successo presso i visitatori della galleria. In particolare, come già anticipato (66), piacque molto a Sir Joshua Reynolds, che ne fece una graziosa copia nel 1781 (67). Elisabeth afferma nei Souvenirs di conoscere e apprezzare le opere del pittore inglese (68), ma non dice di averlo incontrato, né specifica quali suoi quadri avesse visto. È comunque un'ipotesi allettante pensare che ella abbia potuto vedere l'interpretazione di Reynolds di questo quadro, che potrebbe esserle servita come trait d'union fra l'originale di Rembrandt e il ritratto della piccola de la Briche.
Un altro confronto evidente è quello fra un ritratto di Nobildonna genovese con la figlia di Van Dyck (69) e il ritratto della nostra di Madame Caroline Murat con la figlia Letizia (70), che la pittrice eseguì, controvoglia, nel 1807 per Napoleone. Della grande tela vandychiana si sa che era a Genova nel 1780 e a Firenze nel 1829, ma non è chiaro in che anno il quadro fosse arrivato a Firenze. Se vi fosse stato nel 1790 o nel 1792 la pittrice lo avrebbe potuto vedere là, altrimenti doveva esistere un’incisione o una copia dell’opera. Infatti è indubbio che l’impostazione del quadro sia stata usata da Elisabeth per risolvere senza troppi problemi la composizione di un dipinto che non era contenta di fare (71). Van Dyck aveva trovato un'ottima soluzione per dare grande risalto alla donna presente nel quadro, maestosa e distaccata (non guarda la piccola che le stende le braccia), facendo però in modo che la bambina, relegata nella parte inferiore del quadro, non risultasse eclissata: la mano destra della madre indica la figlia ed essa ha uno spazio tutto suo davanti alla parete chiara di sinistra. Lo stesso accade nel quadro della Vigée Le Brun, dove gli usuali particolari à la mode camuffano il plagio, questa volta fin troppo evidente.
Un'altra opera di van Dyck che la pittrice potrebbe non aver visto direttamente sembra trasparire dal ritratto della Principessa Poniatowska (72): Lady Shirley (73). La stravagante modella della Vigée Le Brun, adagiata mollemente su grandi cuscini, con uno scenico drappo increspato alle spalle, le mani posate sul grembo e lo sguardo tranquillo, ma fisso sullo spettatore sembra il riflesso della donna ritratta da van Dyck.
Analizzando il ritratto di Madamoiselle Hyacinthe Gabrielle Roland (74), Baillio (75) ha ipotizzato che per la sua composizione Elisabeth avesse in mente il ritratto di Helene Fourment in pelliccia (76) di Rubens, avendolo visto tramite un'incisione o una copia anonima (77), poiché all'epoca la pittrice non era ancora stata a Vienna, dove il ritratto di Rubens era già dal 1730. Lo studioso americano è molto preciso nell'analisi del rapporto fra queste due opere (78) e pur concordando con la sua teoria (79), a mio parere esiste anche un'altra opera di Rubens che potrebbe essere messa in rapporto con il ritratto della Vigée Le Brun: Orfeo ed Euridice lasciano gli inferi (80). La posa di Euridice corrisponde ancor più esattamente a quella della Roland, sebbene sia speculare: in entrambi i casi la mano che non copre il seno non è visibile, mentre lo sguardo delle due donne non è rivolto verso lo spettatore, come invece capita nel caso del ritratto di Helene Fourment. Inoltre la Vigée Le Brun utilizzò nuovamente lo stesso schema nel 1797 per il ritratto di una donna oggi difficilmente identificabile (81) e per il quasi identico ritratto della Granduchessa Anna Fedorovna (82). L'anno dopo la pittrice utilizza nuovamente questa soluzione (anche se specularmente), con un effetto più spettacolare per la dominanza del colore rosso, per il ritratto della Contessa Varvara Nikolaevna Golovine (83).
Infine, vi sono altri dipinti di Elisabeth che presentano qualche affinità stilistica o compositiva con opere dei tre maggiori maestri che ella aveva tanto ammirato fin da giovane: Rembrandt, Rubens e van Dyck. In queste opere si può forse vedere una rielaborazione più intima e personale degli insegnamenti appresi dalla pittrice nel corso degli anni con lo studio assiduo degli esempi del passato.
Il Giovane uomo (84), che io ritengo risalga al 1793, è ritratto in una posa che ricorda molto gli autoritratti di Rembrandt del 1628 e del 1629 (85). Non è però solo la posa che rimanda a questi due modelli eccelenti, infatti il modo di rendere la capigliatura in modo così attento e preciso, corrisponde alla tecnica accurata che Rembrandt aveva utilizzato soprattutto nell'Autoritratto di Amsterdam ed è una tecnica diversa da quella che la pittrice insegna alla nipote nei suoi Conseils pour la peinture du portrait (86): Les cheveux doivent se dessinner par masse et très-peu l’emporter; le mieux serait de les faire par glacis, la toile produisant souvent des transparents dans l’ombre et dans le ton entier.
Un ricordo rubensiano è presente nel ritratto del 1783 di Madame Grand (87). Nell'espressione trasognata della futura principessa de Talleyrand, che ricorda comunque anche le desolate fanciulle greuziane, si fondono gli sguardi estatici di alcune sante rubensiane, in particolare la Maddalena della Maddalena penitente e Marta (88), la Santa Cecilia (89), nota probabilmente attraverso una delle numerosissime riproduzioni a stampa (90), e la santa Domitilla de I santi Domitilla, Nereo e Achilleo (91).
Il modello per la Principessa Anna Alexandrovna Galitzine, nata Principessa Grudzinsky (1763-1842), già Mme de Litzine (92), sembra invece essere tratto molto liberamente dal Cardinale Bentivoglio (93) di van Dyck. La principessa possedeva un enorme patrimonio e si poteva quindi permettere un ritratto a figura intera di grandi dimensioni. Per una tale personalità era necessario utilizzare una composizione elegante che mostrasse la ricchezza della modella. Il ritratto del Cardinale Bentivoglio era un perfetto esempio di ritratto ufficiale, elegante e perfettamente bilanciato nei colori e nelle forme. La Vigée Le Brun mise la modella in una postura simile a quella del prelato e usò lo stesso gioco di colori: bruni e neri per lo sfondo, che lascia indovinare un interno importante, rosso e bianco in primo piano, a illuminare il personaggio, che con noncuranza guarda altrove, senza badare allo spettatore. La principessa è comunque più frivola del cardinale e il vistoso copricapo adorno di piume è simile a quelli usati da Rembrandt nei suoi personaggi in costume di fantasia, come una donna alla finestra, a mezzobusto, oggi a Bayonne (94).
L'arte di Elisabeth Vigée Le Brun è piena di riferimenti neerlandesi, acquisiti non solo direttamente da modelli specifici, ma anche mediati dalla cultura del tempo. Molti erano i pittori francesi dell'epoca ad aver assimilato in vario modo temi e tecniche fiamminghe e olandesi. Personaggi come Chardin, Greuze o Bouchardon avevano attinto copiosamente al repertorio iconografico delle scene di genere o intimiste olandesi, mentre pittori più estrosi come Fragonard, avevano interpretato con una vena personalissima gli insegnamenti tecnici del grande Rubens.
Anche da questi pittori Elisabeth ebbe modo di trarre temi e idee compositive di carattere nordico. Ne sono esempio il giovanile ritratto del fratello Etienne Vigée come scolaro (95), che è pressoché identico agli scolari di Chardin e di Bouchardon (96), e i due graziosi ritrattini della figlia Julie esposti nel 1787 (97) che rimandano a modelli olandesi -Rembrandt, Dou- con il chiaro tramite di Greuze (98). Un interessante rapporto con Fragonard, pittore che la Vigée Le Brun non nomina mai, ma che doveva pur conoscere, essendo lui caro amico di Hubert Robert, si può riscontrare nella Madame Adélaïde Perregaux del 1789 (99). Baillio ha cercato di ricondurre il dipinto a modelli fiamminghi che, a mio parere, non sono calzanti (100), mentre ha minimizzato il confronto più congruente con il portrait de fantaisie di Fragonard detto La Guimard (101).

  1. Per tutte le informazioni sui dipinti della Vigée Le Brun qui citati si rimanda alle schede relative alle opere.
  2. C. Baudelaire, Scritti sull’arte, Einaudi, Torino, 1992, p.24. Baudelaire si riferiva alla pittrice Eugénie Gautier, ma il suo commento si adatta perfettamente anche alla Vigée Le Brun.
  3. Fig.2a. La versione originale è l'olio su tavola, 92 x 73,5 cm, firmato e datato, oggi in una collezione privata svizzera. Alla National Gallery di Londra esiste una replica autografa, olio su tela, 98 x 70,5 cm.
  4. Fig.2b. Olio su tavola, 79 x 54 cm, Londra, National Gallery.
  5. Il viaggio che Elisabeth compì nel 1781 nei Paesi Bassi in compagnia del marito deve essere stato per la pittrice particolarmente stimolante, ma purtroppo le informazioni che ella ci ha lasciato nei Souvenirs sulle città e sulle opere viste sono scarse e spesso imprecise o lacunose.
  6. Anche il fatto che abbia usato una tavola come supporto piuttosto che una tela è rilevante, soprattutto se si pensa che dopo questa esperienza Elisabeth preferì il supporto ligneo per molti altri dipinti.
  7. VIGÉE LE BRUN, 1835-37, p.48.
  8. Ibidem, p.48.
  9. Questo è l'unico autoritratto eseguito prima della Rivoluzione in cui la Vigée Le Brun evidenzia la sua professione. Negli altri autoritratti aveva messo in luce soprattutto la sua avvenenza e, poi, il suo ruolo di madre.
  10. Capitoli II e VI.
  11. Fig.3a. Il ritratto - olio su tavola, 120 x 98 cm, Anversa, Koninklijk Museum - era reperibile anche in un’incisione di Paulus Pontius, ma è verosimile che, fra le tante gallerie di collezionisti che la pittrice dice di aver visitato, ci fosse anche quella dei Gevaerts.
  12. Fig.3b. Olio su tela, 104,6 x 81 cm.
  13. Si veda il Capitolo II.
  14. Nella nota 62 del Capitolo II si è già detto che l'opera di Raffaello in questione potrebbe essere la composizione della cosiddetta Madonna Terranova, olio su tavola, Æ 87 cm, Berlino-Dahlem, Gemaldegalerie (Fig.23b).
  15. Fig.23a. Cfr. Capitolo II, pp.33-34.
  16. Fig.4a. Olio su tela, 102,5 x 132,5 cm, Parigi, Musée du Louvre.
  17. Quelques Critiques, pour diminuer la gloire de l’Artiste, disent que Madame Le Brun, plus à portée qu’une autre de consulter les excellens Modeles [allusione alla professione del marito], n’a fait ici que les copier. Ils prétencient retrouver dans son tableau le Guide, le Cortone, Cignani, Santere [sic] &c; mais tout cela prouve qu’elle n’en a copié aucun. Loterie pittoresque pour le Salon de 1783, in Collection Deloynes, vol.XIII, n.292, pp. 22-23.
  18. Anche nel corso del Novecento molti storici dell'arte hanno colto vari riferimenti da altre opere nel quadro della Vigée Le Brun. All’inizio del ‘900 Hautecoeur (citato in BAILLIO, catalogo, 1982, p.43) considererà l’opera nettamente influenzata da un dipinto di Louis Jean François Lagrenée. Nel 1981 Pierre Rosenberg (A Drawing by Madame Vigée-Le Brun, "Burlington Magazine", 1981, vol.CXXIII, No. 945, December, p. 741) ha invece posto l’accento sul rapporto con l’allegoria Pace e Giustizia di Pompeo Batoni. Secondo Baillio sono più probabili ed evidenti dei riferimenti alla Pace e Giustizia di Rosalba Carriera e all’Allegoria della Prudenza, della Pace e dell’Abbondanza di Simon Vouet (in BAILLIO, catalogo, 1982, p.43).
  19. Fig.4b. Olio su tavola, 62,9 x 47 cm, New Haven, Connecticut, Yale Center for British Art.
  20. Bachaumont, Memoires secrets pour servir à I'histoire des lettres et des arts depuis M. DCC. LXII. jusqu'à nos jours (in Collection Deloynes, vol.XXIV, p. 5); nel dialogo Changez-moi cette tête, ou Lustucru au Sallon: Dialogue entre le Duc de Marlborough, un Marquis François et Lustucru (in Collection Deloynes, vol.XIII, n.289, pp. 23-24), si parla di proporzioni courtes et lourdes alla fiamminga; mentre nelle Observations sur les Ouvrages de Peinture et Sculpture, exposés au Salon du Louvre, le 25 Août 1783 ovvero L’Année Littéraire (Chez Mérigot, edition Louis Stanislas Fréron, Paris, 1783, pp. 259-266) si dice che i colori brillanti sono degni di Rubens stesso.
  21. "Tipiche" almeno per il critico autore delle succitate Observations del 1783 (p. 261).
  22. tante erano le nozioni che vi raccoglievo e i ricordi utili alla mia arte, inebriandomi della contemplazione dei grandi maestri. Inoltre, per perfezionarmi, copiavo alcuni quadri di Rubens... VIGÉE LE BRUN, 1835-37, p.32.
  23. Fig.5b. Olio su tela, 394 x 727 cm, Louvre. Molto simile è anche la Siringa del Pan e Siringa di Rubens di Londra (Fig.5c. Olio su tavola trasferita su tela, 61 x 88, Buckingham Palace).
  24. Fig.5a. Olio su tavola, 109 x 78 cm, Parigi, Musée Nissim de Camondo.
  25. In Collection Deloynes, vol.XIV: L. Petit de Bauchaumont et al., Seconde lettre sur les peintures, sculptures et gravures exposée au Salon du Louvre le 25 août 1785, in Memoires secrets, XXX, 1785, p. 162.
  26. Si veda a questo proposito il Capitolo IX, p.112 e segg.
  27. Baccante seduta, olio su tela ovale, 73,3 x 59,5 cm, firmato e datato in alto al centro L V Le Brun f 1785, Sterling and Francine Clark Art Institute, Williamstown, Massachusetts.
  28. A questo proposito si vedano il capitolo II e VII.
  29. Fig.6b. Olio su tavola, 115 x 85 cm, Louvre.
  30. Fig.6a. Pastello su carta, 32,5 x 24 cm, ubicazione attuale sconosciuta.
  31. Fig.7a. Pastello su carta, misure non note. L'ultima ubicazione conosciuta è l'Hôtel Drouot di Parigi e l'unica riproduzione reperibile è un'incisione coeva di cui non è noto l'autore.
  32. Si veda la scheda n.7 per altri particolari sull'esecuzione del pastello, terminato fra una doglia e l'altra, la sera in cui nacque la figlia della pittrice.
  33. Per i commenti su questo pastello al Salon si veda il Capitolo VI, pp.65-66.
  34. Figg.7b/c. Olio su tela, 145 x 101,7 cm, Monaco, Alte Pinakothek.
  35. Fig.8b. Olio su tavola, 62,2 x 48,9 cm, Washington, National Gallery.
  36. Fig.8a. Olio su tela, 78 x 66 cm, National Trust, Knole, Sevenoaks, Kent.
  37. Fig.8c. Olio su tavola, 98 x 70 cm, Château de Pregny, Ginevra, Barone Edmond de Rotschild.
  38. Fig.9b. Olio su tela, 206,5 x 120,2 cm, Kassel, Staatliche Kunstsammlungen.
  39. Fig.9a. Collezione Marnier-Lapostolle.
  40. Figg.9c/d. La regina di Tomiri con la testa di Ciro (Olio su tela, 205 x 362 cm, Museum of Fine Arts) faceva parte della collezione del duca di Orleans, mentre l’Adorazione dei Magi (Olio su tela, 447 x 336 cm, Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) era nella chiesa di San Michele durante il viaggio della pittrice in Belgio.
  41. Fig.9d. Olio su tavola, 66,5 X 52 cm, Parigi, Musée du Petit Palais.
  42. Se non riuscì a visitarla in situ, è estremamente probabile che ella sia stata presente alla vendita avvenuta nel 1774, anno in cui Elisabeth era già iscritta all'Accademia di San Luca ed era già una pittrice affermata. Non è da sottovalutare nemmeno il fatto che Menagéot, padre del pittore amico della pittrice, era impegnato direttamente nella valutazione delle opere della collezione in vista della vendita.
  43. Fig.10b. Olio su tela, 113 x 91,5 cm, San Pietroburgo, Ermitage.
  44. Gran parte della collezione di disegni di Everard Jabach era passata nelle collezioni reali.
  45. Fig.10a. Pastello su carta incollata su tela ovale, 54 x 44 cm, Parigi, Musée du Louvre, Cabinet des Dessins.
  46. Fig.11b. Olio su tela, 108 x 84 cm.
  47. Fig.11a. Olio su tela, 137 x 101 cm, Mosca, Museo Pushkin.
  48. Fig.12b. Olio su tela, 162 x 130 cm, tuttora all'Ermitage.
  49. Fig.12a. Olio su tela - tondo dipinto -, 99 cm Æ , firmato e datato a destra sullo sfondo: Le Brun 1796, Ermitage, San Pietroburgo.
  50. In effetti quella di cui si parla qui è l'unica versione nota, ma non presenta ai raggi X nessuna variazione nei vestiti delle principesse, tuttavia la pittrice nelle sue memorie è riluttante a confessare di aver rifatto il quadro e dice di averlo ridipinto.
  51. Si veda la scheda n.12 per i particolari sulla questione del possibile rifacimento dell'opera.
  52. Per ulteriori particolari si rimanda ancora alla scheda n.12.
  53. Fig.13b. Olio su tela, 105 x 87 cm, Washington, National Gallery.
  54. Fig.13a. Olio su tela, 101 x 82 cm. Sia la datazione del dipinto che l'identità del fanciullo ritratto sono alquanto incerte. Dopo essere stato al Cincinnati Art Museum, il dipinto è stato venduto e la sua attuale ubicazione non è nota.
  55. Se però la mia datazione fosse errata, lo stesso dipinto di Van Dyck era reperibile in un’incisione di Podolinsky e ne esistevano almeno due copie anonime (LARSEN, 1988).
  56. Si veda la Scheda n.13 per ulteriori particolari.
  57. Fig.14b. Olio su tavola trasportato su tela, 83,5 x 65 cm, Parigi, Musée du Louvre.
  58. Fig.14a. Olio su tela, 136 x 99 cm, Tucson, The University of Arizona Museum of Art.
  59. Olio su tela, 137 x 101 cm, Mosca, Museo Pushkin.
  60. Fig.15a. Olio su tela, misure e ubicazione attuale sconosciute, foto dalla Witt Library di Londra.
  61. Fig.15c. Olio su tela, 200 x 124,2 cm, Staatliche Kunstsammlungen Kassel, Schlöß Wilhelmshöhe.
  62. Fig.15b. Olio su tela, 175 x 95 cm.
  63. Fig.16c. Olio su tela, 81,6 x 66 cm, Londra, Dulwich College Gallery.
  64. Rembrandt non era considerato ancora un grande maestro e spesso i collezionisti gli preferivano Dou.
  65. Fig.16a. Olio su tela ovale, 62,2 x 53,3 cm, firmato e datato in basso a destra: M. Elith LeBrun 1787, collezione privata francese.
  66. Capitolo VII, p.85.
  67. Fig.16b.
  68. E pare che anch'egli trovasse i dipinti di Elisabeth di un certo pregio. Cfr. Capitolo VI, p.66-67 e S. MARTIN, Portraits anglais et français: une approche comparative à travers les textes de XVIIIe siècle, in "Gazette des Beaux-Arts", 133e année, 1991 vol.CXVI, Janvier, pp.27-41.
  69. Fig.17b. Olio su tela, 218 x 146 cm, Cleveland, The Cleveland Museum of Art.
  70. Fig.17a. Olio su tela, misure non reperibili, Musée du Château de Versailles.
  71. A proposito dell'umore della pittrice durante l'esecuzione del ritratto si veda la scheda n.17.
  72. Fig.18a. Olio su tela, 127 x 96 cm, ubicazione e provenienza sconosciute. La datazione di quest'opera è incerta e personalmente dubito anche sull'identificazione della modella. Per delle possibili soluzioni a questi dubbi rimando alla Scheda n.18.
  73. Figg.18b/c. Olio su tela, 197,5 x 138,7 cm, Petworth House, Sussex, National Trust.
  74. Fig.19a. Olio su tela, 99 x 75 cm, San Francisco, Fine Arts Museums.
  75. BAILLIO, 1988, p.102.
  76. Fig.19c. Het Pelsken, olio su tavola, 176 x 83 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum. Del ritratto non si hanno notizie precise: dopo essere appartenuto a Helene Fourment, non si sa come, arrivò a Vienna nel 1830. Se nel 1781 l’opera fosse stata ancora nei Paesi Bassi, la pittrice avrebbe potuto vederla dal vero.
  77. In effetti vi erano due incisioni del dipinto, una di van Stampart e l'altra di Prenner. Secondo lo studioso americano in Italia (tra il 1789-1792) la pittrice avrebbe anche potuto trovarne una copia, ma non precisa meglio questa sua teoria.
  78. Per questo confronto rimando al suo saggio del 1988 (p.102).
  79. Si veda la Scheda n.19.
  80. Fig.19b. Olio su tela,194 x 245 cm, Madrid, Prado.
  81. Fig.17d. Identificata con Julie Le Brun prima e con la principessa Worontzoff poi, oggi al Museum of Fine Arts di Boston.
  82. Fig.17e. Già all’Herzoglisches Schlößmuseum, Gotha, Germania e secondo Baillio distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Ne esiste una copia di Borovikovsky.
  83. Fig.17f. Olio su tela ottagonale, 83 x 66,3 cm, The Barber Institute of Fine Arts, University of Birmingham, UK.
  84. Fig.20a. Olio su tela, 45,7 x 33 cm, ubicazione attuale sconosciuta. Venduto a Londra nel 1975 dalla casa d'aste Roy Miles.
  85. Figg.20b/c. Il primo, olio su tavola, 22,5 x 18,8 cm, si trova al Rijksmuseum di Amsterdam, l'altro, olio su tavola, 37,9 x 28,9 cm, è al Maurithuis dell'Aja.
  86. Questi consigli si trovano alla fine dei Souvenirs (ed Eugene Fasquelle. s. d., pp.345-352) e sono riportati integralmente nel Documento n.10.
  87. Fig.21a. Olio su tela ovale, 92 x 72,5 cm, New York, Metropolitan Museum of Art.
  88. Fig.21c. Olio su tela, 205 x 157 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum. L'opera era presente ad Amsterdam durante il viaggio della pittrice nel 1781.
  89. Fig.21b. Olio su tavola, 177 x 139 cm, Berlin-Dahlem, Staatliche Museen, Gemaldegalerie.
  90. Anche della Maddalena e Marta esistevano delle incisioni, fra le quali una di Vosterman, menzionata da Jaffè (1989, p.249).
  91. Fig.21b. Olio su lavagna, 425 x 280 cm, Roma, chiesa di Santa Maria in Vallicella.
  92. Fig.22a. Olio su tela 136 x 100,5 cm, firmato e datato, Baltimore Museum of Art, Mary Frick Jacobs Collection. Il dipinto è del 1796 (o 1797).
  93. Fig.22b. Olio su tela, 196 x 145 cm, Firenze, Palazzo Pitti. A Palazzo Pitti la pittrice era già stata durante il suo secondo soggiorno fiorentino del 1792. All'epoca il Cardinale Bentivoglio di van Dyck era già là.
  94. Fig.22c. Carboncino e inchiostro seppia acquerellato su carta grigia, 14 x 19 cm, Bayonne Museum.
  95. Fig.25a. Di questo dipinto esistono alcuni disegni preparatori (un pastello non meglio identificato e un carboncino firmato E. L. Vigée con l'iscrizione mon frère) e due versioni: un olio su tela, 61 x 48 cm, firmato e datato in basso a sinistra: Mlle Vigée/1773, Art Museum, St. Louis, Missouri (forse però il dipinto risale al 1769) e una replica, secondo me autografa, a Polesden Lacey, National Trust, Dorking, Surrey.
  96. Fig.25b. Ritratto del pittore e scultore Giuseppe Amedeo Aliberti, sanguigna su carta, Museum of Art, Rhode Island School of Design, Providence. Baillio (catalogo 1982, n.2, Fig.1) fa riferimento anche a uno Scolaro di Drouais, ma, secondo me, il paragone è un po' debole.
  97. Fig. 26. Julie Le Brun che legge la Bibbia, Collezione privata, Parigi; Fig.27. Julie Le Brun che si guarda in uno specchio, olio su tavola, 73 x 60 cm, Collezione di Michel David-Weill, New York
  98. Si vedano a tale proposito i confronti proposti da Baillio (1988, p.98).
  99. Fig.28a. Olio su tela, 100 x 78 cm, Wallace Collection, Londra, esposto al Salon del 1791.
  100. BAILLIO, 1988, p.101. In particolare egli prende in considerazione il ritratto a mezza figura della Infanta Isabella Clara Eugenia di Spagna di Rubens, oggi a Bruxelles, Musées Royaux.
  101. Fig.28b. Olio su tela, 81 x 65 cm, Parigi, Musée du Louvre.