CAPITOLO IX

La pittrice e i suoi commentatori (1)

Come tutti gli artisti più rinomati, Elisabeth Vigée Le Brun ottenne numerosi riconoscimenti critici già durante la sua vita.
Nel 1774, nell’Almanach sur les Peintres di Jean Baptiste Pierre le Brun, troviamo la prima notizia pubblicata sulla pittrice Elisabeth Vigée:
Mlle Vigée a pris la route d’une artiste qui veut se faire une grande réputation. Remplie du désir d’exceller, elle écoute avec douceur et ses émules et ses maîtres dans l’art de rendre le portrait avec vérité. Déja ceux qui sortent de son atelier se ressentent de ses heureuses impressions; ils sont composés avec gout; le sentiment y brille, les habillements y sont bien faits et sa couleur est vigoureuse. (2)
Questa descrizione di Elisabeth è notevole, soprattutto se si pensa che l'anno successivo la pittrice si trasferì con la famiglia nell'hotel dove abitava anche Le Brun e che nel 1776 i due convolarono a nozze. Già prima di accoglierla nella sua galleria per mostrarle e farle copiare opere di grandi maestri, Le Brun aveva notato il carattere forte e tenace della giovane pittrice, il suo désir d’exceller, e aveva già intuito, grazie al suo acuto senso critico, che ella aveva davanti a sé un futuro pieno di successo. Chiaramente egli era soprattutto interessato al guadagno che avrebbe ottenuto facendo da tramite fra Elisabeth e i suoi facoltosi committenti: non per nulla, per sposarla, aveva rinunciato a un matrimonio molto promettente con la figlia di un ricco mercante d'arte olandese (3).
Il 1774 fu l’anno in cui la pittrice divenne membro ufficiale dell’Académie de Saint Luc di Parigi, ma come sappiamo dalle sue memorie, l’artista lavorava già da sei anni, era famosa e guadagnava molto dalla sua professione di ritrattista (4). Non desiderava comunque rimanere a lungo nell'associazione dei pittori: voleva entrare all’Académie Royale e a tal fine tentò maldestramente di ottenere i favori di d’Alembert inviandogli due quadri come dono perché fossero appesi nella sala delle riunioni. In cambio il direttore dell’importante istituzione le rispose con una lettera (5) in cui manifestò, forse un po’ troppo diplomaticamente, la sua stima per lei. La poco abile mossa non ebbe quindi gli effetti sperati, ma fu certo motivo di orgoglio poter dire che il direttore dell'Académie apprezzava le sue opere e le riteneva degne della lode di tutte le persone di qualità.
Il teologo di Parigi, dottore della Sorbona e gran maestro del Collegio Mazarino, Riballier pubblicò nel 1779 a Parigi e a Bruxelles il testo De L’Education physique et morale des femmes (6) in cui era presente anche una Notice abrégé des femmes illustres, dove vengono citate fra le artiste Madame Vien, l'illustratrice scientifica Magdeleine Basseporte, Madamoiselle Vallayer-Coster e Madame Vigée Le Brun (7), volendo dimostrare che il problema dell’ignoranza femminile non sta nelle donne in quanto tali, ma nei freni che vengono loro posti nello studio.
Dal 1783 la pittrice, divenuta membro dell’Académie Royale, espose regolarmente al Salon fino al 1791 e nella Collection Deloynes, alla Bibliotheque Nationale di Parigi, sono conservati tutti gli scritti critici su queste esposizioni. A grandi linee queste opere possono essere divise in tre generi: quelle eccessivamente generose di plauso, quelle interessate al valore artistico dei dipinti esposti e quelle più polemiche e avverse alle donne pittrici.
Nel 1783 la pittrice espose una ventina (8) di quadri. Il più discusso politicamente fu quello di Maria Antonietta "en gaulle" (9), ma quello che diedero maggior impulso alle penne dei critici fu il morceau de reception che Elisabeth aveva presentato all’Académie: il dipinto di storia La Pace che riporta l’Abbondanza (10).
Difesero a spada tratta la pittrice il Salon à l'encan (11), i due poeti Le Brun-Pindare (12) e M. de Miramond (13), l’autore della Loterie pittoresque pour le Salon de 1783 (14), che tacitò coloro che accusavano la pittrice di aver copiato da altri la composizione del suo dipinto di storia, e il critico delle Observations sur les Ouvrages de Peinture et Sculpture, exposés au Salon du Louvre, le 25 Aôut 1783, L’Année Littéraire (15), che la mise al primo posto fra i ritrattisti in genere, non solo tra le donne, e arrivò persino a paragonarla a Rubens. Egli apprezzò il tocco moelleuse et suave della Vigée Le Brun, ma le fece un sottile appunto, in quanto les têtes, dans les Tableaux de Madame le Brun, sont tres-jolies, assurénient, mais ce sont de jolies têtes françoises (16), non esempi presi dall’antichità. Altri ebbero giudizi altalenanti, come gli autori dell’Apelle au Sallon (17), che ritennero alcune opere troppo leziose, ma altre eleganti e ben fatte, oppure il Barone Frederic Melchior Grimm (18) che, dopo aver ricordato le complesse vicissitudini dell’elezione a membro accademico della Vigée Le Brun (19), affermò che la sua Pace che riporta L’Abbondanza era una charmante idée resa con une grace si brillante et si naive, che una jolie femme non avrebbe potuto fare meglio, ma in generale a trop d’éclat; la nature est moins brillante et l’art qui cherche à la surpasser manque son effet (20).
Fra i commenti più tecnici alcuni (21) notarono un certo influsso fiammingo per le proporzioni e la brillantezza di toni delle figure femminili delle allegorie, mentre altri (22) criticarono lo stile della pittrice per quegli stessi due motivi, che rendevano le opere di Elisabeth troppo antiaccademiche.
I giudizi più sfavorevoli non erano però inerenti la tecnica, ma consideravano riprovevole il fatto che una donna osasse presentare opere di storia senza avere la preparazione adatta: nel dialogo Momus au Sallon, Comédie-Critique en vers et en vaudevilles, suivie de notes critiques (23) la questione era se le donne potessero o meno ritrarre donne svestite e la conclusione del tutto "galante" fu che avrebbero dovuto lasciare questo piacere agli uomini. Certamente più offensivo fu invece Coup de Patte (24) che rispose chiaramente a uno dei suoi interlocutori che domandava se una donna (la Vigée Le Brun ovviamente) fosse in grado di trattare un argomento storico: Non. Les bras, la tête, le cœur des femmes sont privés des qualités essentielles pour suivre les hommes dans la haute région des beaux arts. Si la nature en produisoit une capable de ce grand effort, ce seroit une monstruosité d’autant plus choquante, qu’il se trouveroit une opposition nécessaire entre son existence physique & son existence morale. Une femme qui auroit toutes les passions d’un homme, est réellement un homme impossible. Aussi le vaste champ de l’Histoire, qui n’est rempli que d’objets virgoureusement passionnés, est fermé pour quiconque n’y sauroit porter tous les caractères de vigueur (25). Per completare il suo discorso fece però un commento meno fazioso, poiché secondo lui il difetto maggiore delle opere di storia della Vigée Le Brun esposte a quel Salon era semplicemente il fatto che esse rappresentavano donne reali piuttosto che idealizzazioni (26).
Un importante elogio venne da Louis Petit de Bachaumont (27), che in altre occasioni scrisse critiche molto dure nei confronti della pittrice e quindi può essere considerato più obiettivo di altri. Commentò ironicamente (28) di non conoscere il genere di pittura in cui la pittrice era stata posta al suo ingresso all’Académie e la ritenne degna di tutti, non esclusa l’histoire: il suo morceau de reception era, secondo lui una allégorie aussi naturelle qu’ingénieuse. Le concedette i massimi onori (29), temendo persino di poter essere considerato blasfemo, e sottolineò che il dipinto di Elisabeth era quello che più attraeva l’occhio e lo spirito dello spettatore. Ricordò anche che la Vigée Le Brun e la sua Pace che riporta l’Abbondanza erano al centro delle conversazioni dei più rinomati salotti, notando comunque che prima di tutto la sua fama era dovuta alla sua bellezza, alla sua amabilità e alle affollate soirées che si tenevano nel suo salotto, grazie alle quali ottenne molte delle sue più importanti commissioni.
Anche un americano si pronunciò su questo dipinto: il colonnello John Trumbull, patriot-artist (30), che lo vide qualche anno dopo (1786) nella sala dell’Accademia al Louvre, annotò nel suo diario che among [the morceaux de reception], Madame Le Brun's Peace and Plenty holds a conspicuous rank; the coloring is very brilliant and pleasing. (31)
Al successivo Salon del 1785 (32), la pittrice espose ancora numerose opere (33), ma la più discussa fu nuovamente un dipinto di storia: la Baccante con pelle di tigre (34). M. de Miramond scrisse altri versi (35) in onore di Elisabeth, mentre Renou (36) la difese da non meglio specificate insinuations, che negavano alla pittrice il talento che invece ella aveva ampiamente dimostrato di avere anche con quest’opera e che, secondo lui, non era affatto una prerogativa maschile.
Commenti positivi si hanno anche da Bauchaumont (37) e da Monsieur de Villette (38) che ritennero il quadro di ottima fattura, ma la seducente donna ritratta molto poco simile a una baccante (39). Meno favorevole fu un altro critico (40) che non riteneva possibile per la Vigée Le Brun dipingere una donna nuda a mezza figura senza aver studiato dal vero e senza conoscere nemmeno gli attributi adatti a una vera baccante e, nonostante tutto questo, pretendere di essere considerata una pittrice di storia.
Più variati furono i commenti (41) alle opere esposte nel 1787 (42), anno in cui Elisabeth presentò solo ritratti. A questo proposito Louis Carrogis (43), che aveva spesso rimarcato che la Vigée Le Brun doveva lasciar perdere i dipinti di storia, tirò un sospiro di sollievo (44) ed ebbe parole di elogio per quei ritratti che considerava molto più adatti ad una donna.
Bachaumont si dedicò al grande ritratto di Maria Antonietta con i figli (45), che fu purtroppo un insuccesso per la pittrice, che non riuscì nell'intento di mostrare la regina nelle vesti della madre amorosa non solo dei suoi figli, ma di tutta la Francia. L’autrichienne era troppo bella, sembrava addirittura più giovane della figlia e aveva un’espressione annoiata, distratta e per nulla affettuosa.
Un altro ritratto di gruppo attrasse i critici, il ritratto della Marchesa Peze e Marchesa de Rougé con i figli della seconda (46). La precisione della resa tecnica delle sete scintillanti e dei morbidi toni dell’incarnato fu una delle qualità più apprezzate del quadro, ma anche l’intensità degli affetti, resa anche più evidente dal confronto col ritratto della regina, fu sottolineato dai commentatori, che per questo avvicinarono la tela all’affettuoso Autoritratto con la figlia Julie (47), a sua volta accostato alle opere dei grandi maestri del Rinascimento italiano.
Nello stesso anno, al di fuori delle querelles del Salon, ci fu uno scambio di battute fra Sir Joshua Reynolds e il suo allievo James Northcote a proposito di due opere della Vigée Le Brun, di cui abbiamo già avuto modo di parlare diffusamente (48).
Il contributo di Elisabeth al Salon del 1789 (49) comprese alcune delle sue opere migliori: il vigoroso ritratto di Hubert Robert (50), per il quale fu considerata capace di ritrarre anche il genio, non solo la grazia (52), la Madame Rousseau con la figlia (53), apprezzata per la dolcezza, l’amabilità e l’armonia (54), e il grazioso ritratto della piccola Alexandrine Emilie Brongniart (54). Il quadro che ottenne maggior successo fu però il ritratto della Duchessa d'Orleans (55), che non fu apprezzato per motivi prettamente artistici, bensì per la popolarità della fazione Orleans fra gli scrittori liberali che con la loro ammirazione per la duchessa francese condannavano implicitamente l'austriaca Maria Antonietta (56).
Prima del successivo Salon scoppiò la Rivoluzione e la pittrice si rifugiò in Italia, dove venne accolta dalle Accademie di tutte le città che visitò. Il granduca di Toscana le chiese un Autoritratto per la galleria degli Uffizi, che ella dipinse ed espose a Roma prima di spedirlo a Firenze. Abbiamo numerose testimonianze di quanto l’opera fu apprezzata dal pubblico e dal suo committente: la Vigée Le Brun scrisse una lettera (57) a tale proposito al suo amico il pittore Hubert Robert, in cui specificò che i romani le diedero l’appellativo di Mme Van Dyck, Mme Rubens. Secondo il Cavalier Pelli, direttore degli Uffizi, il dipinto pare uscito dal pennello di un uomo di sommo merito, più che da quello di una femmina (58). Lo stesso scrisse a Elisabeth che j'estime et j'admire un ouvrage qu'on peut appeler à juste titre un chef d'œuvre de l'art e che Son Altesse royale (...) a admiré votre travail et il en a été tout à fait charmé. / Tous les François qui sont ici, tous les professeurs qui en connaissint le mérite, tous les amateurs de Beaux-Arts l'ont trouvé au-dessus de tout éloge et tres propre à faire honneur aussi aux célèbres pinceaux de l'antiquité (59). Anche Ménageot apprezzò molto l’Autoritratto della Vigée Le Brun, come testimonia una sua lettera a d’Angiviller del 3 marzo 1790 (60).
Pur essendo a Napoli, nel 1791 la pittrice partecipò al Salon di quell’anno spedendo a Parigi un dipinto eseguito proprio nella città partenopea, il Ritratto di Giovanni Paisiello (60). I commenti della critica furono eccellenti, come già quello di Ménageot, a cui il quadro piacque talmente che accordò alla pittrice l’onore di spedire il dipinto insieme al suo Meleagro per lo stesso Salon (61). Il quadro fu ritenuto da tutti un’opera d’arte stupefacente, senza che la precipitosa fuga in Italia della pittrice - chiaramente politica - intaccasse i giudizi dei visitatori dell’esposizione. Dai tiepidi commenti di Philippe Cheryl (62) si passa a La Bequille de Voltaire au Salon (63), che esplode in un’ovazione: Ici le portrait de Paisiello par Madame Le Brun! O Van Dyck, tu renais! e alla generosa critica del marito della Vigée Le Brun: Paisiello, par Madame Le Brun, est un de ces chefs-d’œuvre accomplis… Composition grande, dessin correct, expressions sublimes, force d’harmonie et finesse de ton. (64) Egli conclude addirittura dicendo che in una parola, tutto ciò porta l’arte al suo più alto grado di perfezione. Gli Antichi non ci hanno lasciato niente di così perfetto (65). Lo stesso Le Brun dirà a Elisabeth che il più grande imitatore degli antichi, David, fu talmente sconvolto alla vista del Ritratto di Paisiello, che era appeso vicino al suo Ritratto di Madame de Sorcy-Thellusson, da dire ai suoi allievi, lì presenti: Uno potrebbe pensare che il mio quadro sia stato dipinto da una donna e quello di Paisello da un uomo (66).
Altre opere del periodo italiano riscossero un grande successo: nel luglio del 1790 la pittrice aveva terminato un Ritratto di Emma Hart come Baccante distesa su una spiaggia (67) per Lord Hamilton, suo amante e successivamente suo marito. Ménageot scrisse a d'Angiviller a proposito di questo quadro che Le ministre d'Angleterre, le chevalier Hamilton, a ecrit icy qu'elle vient de faire pour lui un des plus beaux tableaux qu'il ait vu [sic] (68). Il dipinto continuò ad essere apprezzato anche molti anni dopo, dal successivo compagno di Lady Hamilton, Lord Nelson (69). Nel 1809 fu venduto dalla stessa Emma insieme ad altri possedimenti del defunto Lord Nelson per pagare dei debiti: nel catalogo d’asta era descritto come composed in fine poetical taste, a very capital specimen of the talents of this highly accomplished artist. Questi commenti favorevoli, dettati da affetto, prima, e da necessità poi, differiscono alquanto dall’idea che si aveva dell’arte di Elisabeth in Inghilterra e che può essere riassunta col giudizio che ne diede nel 1804 Sir George Beaumont : that imitative kind of painting resembles waxwork (70).
A Venezia la pittrice eseguì un ritratto che ebbe lo stesso tipo di successo: era il ritratto che le chiese Vivant Denon della sua amante, la Contessa Isabella Teotochi Albrizzi (71). Insieme ad altri frequentatori del salotto della bella donna di origini greche, Denon pubblicò il volumetto L’originale e il ritratto (72) nel quale furono raccolte numerose poesie scritte per esaltare la bellezza della Albrizzi e la maestria con cui la Vigée Le Brun l’aveva ritratta. In una di queste poesie (73) si affermò addirittura che nessun uomo avrebbe mai potuto realizzare un ritratto così bello della contessa. Solo una donna infatti poteva rimanere a guardarla così a lungo senza innamorarsene.
Dopo la prefazione al testo e prima delle poesie Denon inserì una lettera indirizzata a un tal signor Zacco, che serve come pretesto per una breve Note sur la vie & le talent de Madame le Brun (74) dove egli esalta la bravura della pittrice e la sua dedizione al lavoro e all’esercizio della pittura.
Successivamente troviamo testimonianze dell'apprezzamento della nobiltà polacca e russa per il talento di Elisabeth. Due anni dopo l'arrivo della pittrice, a San Pietroburgo arrivò anche Stanislas Auguste Poniatowski (75), ultimo re di Polonia, patrono delle arti e ardente francofilo. Appena seppe della presenza della Vigée Le Brun, che aveva già incontrato a Varsavia qualche anno prima e le cui opere egli considerava di grande perfezione (76), volle andare a trovarla:
Il [19] marzo il re, accompagnato da due signore della sua famiglia, dal Conte Mniszech e da alcuni gentiluomini della sua scorta, andò a visitare lo studio della famosa Mme le Brun che aveva chiesto a molte persone che aveva dipinto che le restituissero temporaneamente i loro ritratti. Nel suo studio quel giorno [queste opere] eguagliarono la grande reputazione di questa celebrata artista. (77)
La pittrice eseguì due ritratti del re quell'anno (78) e ne tenne uno per sé, a ricordo dell'affettuosa familiarità (79) con cui egli la trattava. Ella ricorda così l'amabilità dello sfortunato personaggio nei suoi Souvenirs: La sua gentilezza era proprio fuori dal comune. Ricordo di averne avuto io stessa una prova, e il solo ricordo mi fa ancora vergognare. Mentre dipingo, la sola persona che desidero vedere è il mio modello. In più di una occasione, ciò mi ha fatto agire rudemente con chi mi interrompeva mentre ero al lavoro. Un mattino, mentre ero impegnata a finire un ritratto, il re di Polonia venne a farmi visita. Avendo sentito il rumore di numerosi cavalli alla porta, sospettai che fosse lui. Ma ero così assorta nel mio lavoro che persi la calma, e non appena egli aprì la porta urlai "Non ci sono." Il re, senza dire una parola, si rimise il mantello e se ne andò. Quando posai la mia tavolozza e a mente fredda capii cosa avevo appena fatto, fui così contrita che nel pomeriggio andai alla residenza del re per porgere le mie scuse e chiedere il suo perdono. "Come mi avete ricevuto stamattina!", mi disse non appena mi vide. Poi aggiunse subito: "Capisco perfettamente che disturbando un’artista al lavoro, le si può far perdere la pazienza. Per questo non gliene faccio una colpa." E mi fece rimanere per la cena durante la quale non fece alcuna menzione del mio cattivo comportamento. (80)
Anche la principessa Catherine Feodorovna Dolgorouky (81) apprezzò molto lo stile della nostra: il ritratto che Elisabeth le fece (82) le piacque talmente che le fece omaggio di una carrozza e di un braccialetto con l'iscrizione Adorna colei che adorna il suo secolo eseguita in diamanti.
Al suo ritorno in patria (83), anche se fu accolta con grande affetto da amici e parenti, Elisabeth non trovò più nulla di ciò che aveva lasciato dodici anni prima. La maggior parte dei suoi committenti erano morti o in disgrazia e, cosa più difficile da accettare, l'arte era profondamente cambiata ed era quasi esclusivamente a servizio di Napoleone. Dalla Russia la pittrice aveva portato con sé molte opere da terminare e si dedicò alacremente a questi lavori ed espose il ritratto di Stanislaus Augustus Poniatowski al Salon di quell'anno. Ma la situazione era pessima: partì alla volta dell'Inghilterra, ma vi trovò ben pochi amici (84) ed estimatori (85). Nel 1805 nella prefazione delle Oriental Tales Hoppner (86) riassunse con toni aspri il giudizio che la maggior parte degli artisti inglesi avevano di lei: prima di tutto non le perdonavano il fatto che i suoi quadri erano pagati più dei loro e, in secondo luogo, i suoi quadri erano troppo finiti, troppo simili a waxwork, come ricordato precedentemente (87).

Dopo la sua morte, avvenuta il 30 marzo del 1842, il Journal des Débats del primo di aprile di quell'anno pubblicò un necrologio che certo la pittrice avrebbe molto apprezzato, poiché in esso ella era considerata prima pittrice di storia e poi di ritratti:
Madame Vigée Le Brun, peintre d’histoire et de portraits, membre de l’ancienne Académie de Peinture en France et de presque toutes les Académies d’Europe, est mort hier, 30 mars, à l’age de 87 ans. (88)
Ma la gloria postuma durò ben poco ed i suoi primi biografi le resero poca giustizia, trattandola più come un fenomeno sociale piuttosto che come una artista seria e degna di stima.
Alla fine dell'Ottocento apparve la prima biografia di Elisabeth, per mano di Charles Pillett (89), ma fu nei primi vent'anni del secolo successivo che comparvero numerose pubblicazioni sulla vita della Vigée Le Brun.
Nel 1908 Pierre de Nolhac scrisse una biografia abbastanza esauriente e vi aggiunse anche un lungo catalogo delle opere della pittrice (90): purtroppo quest'ultimo, compilato da Pannier, è del tutto acritico e contiene una grande quantità di dipinti spuri, attribuiti alla Vigée Le Brun da diverse case d'asta al solo scopo di trarre maggiori profitti dalle vendite. Meglio sarebbe stato ripubblicare i nomi dei modelli e i titoli dei dipinti come apparivano nell’appendice dei tre volumi delle memorie dell’artista.
Per quanto riguarda il giudizio critico su Elisabeth, Nolhac lodò ben poco la pittrice, che per lui altro non era che la ritrattista delle frivole dame francesi del Settecento:
Elle n’appartient pas à la lignée des grands peintres… mais elle a son rang parmi les maitres du portait, car elle porte un exact témoignage sur son époque. Elle a compris merveilleusement les femmes de sa génération et les a représentées comme elles revaient d’être admirées…, c’est la femme française que Madame Vigée-Lebrun sut rendre le mieux, et c’est elle seule qui fait durable son aimable gloire (91).
Lo studioso è decisamente riduttivo nella sua paternalistica condiscendenza nei confronti di Elisabeth: ricorda quasi esclusivamente le opere del periodo prerivoluzionario e non fa parola dei ritratti maschili eseguiti dalla pittrice, che hanno molta più forza espressiva di quelli femminili (92). La considera una creatura fragile, affascinante soprattutto perché donna e, sebbene membro dell'Académie, con un talento privo di tensione e alte concezioni e un approccio con l’arte troppo semplicistico.
I biografi successivi (93) la ritengono poco intelligente e di scarso talento, continuando a pubblicare insieme alle notizie sulla vita della pittrice cataloghi di opere pieni di inesattezze (94).
Negli anni Venti Haldane MacFall scrive un grazioso volumetto (95) in cui narra in modo preciso e abbastanza obiettivo la vita della pittrice e include alcune illustrazioni a colori, mentre Edward Verall Lucas unì una breve biografia di Elisabeth a una di Chardin (96). Mycielski e Wasylewski fecero invece in quegli anni una interessante analisi dei ritratti che la Vigée Le Brun fece a personaggi polacchi nell'arco della sua vita (97), riscoprendo opere autentiche dimenticate, identificando molti modelli di cui si erano dimenticati i nomi e, purtroppo, aggiungendo anche opere di dubbia attribuzione.
Per molti anni cala nuovamente il silenzio su Elisabeth: verrà nuovamente citata solo negli anni Cinquanta come testimone monarchica della Rivoluzione francese da Jules Michelet (98). Egli, fortemente avverso a Maria Antonietta, diede un’analisi particolarmente risentita del ritratto della regina coi figli a Versailles:
Nel formale ritratto lasciatoci nel 1788 dalla sua ritrattista, Madame le Brun – che la adorava e deve averla abbellita con tutto il suo affetto – uno già sente un che di repulsivo e sdegnoso. (99)
La sua opera viene presa in considerazione solo brevemente negli studi attuali sull’arte della sua epoca (100) ed è raramente citata nei testi standard di storia dell’arte, dove viene per lo più considerata una discreta seguace di Greuze senza altri particolari meriti.
Nel 1967 sono stati pubblicati numerosi articoli su dipinti particolari o gruppi specifici di opere di Elisabeth. Albert Pome de Mirimonde (101) la cita a proposito dei ritratti di musicisti (102), ma non ha un'alta considerazione della sua arte:
En fait, il arrivait à Mme Lebrun de manquer un peu d'imagination. Elle se referait alors volontiers à un precedént. Il y aurait un petit article a consacrer aux pastiches et plagiats de Mme Lebrun, mais nous nous garderons bien de l'icrire pour ne pas contrister l'ombre d'une aussi jolie femme. (103)
A rilanciare le capacità artistiche della Vigée Le Brun ci fu, nello stesso anno, Ilse Bischoff, che scrisse due articoli (104) nei quali sottolinea la grande differenza fra i ritratti femminili della pittrice e quelli maschili. In effetti, a parte i commenti favorevoli del Salon del 1791 sul suo Paisiello, nessuno mai aveva posto l'accento sui ritratti di uomini di Elisabeth, che hanno uno spessore molto maggiore rispetto alle eteree dame europee del Settecento.
Un'interessante, anche se parzialmente imprecisa, raccolta di informazioni e notizie sulle opere russe della Vigée Le Brun si trova in un lavoro di Lada Nikolenko (105). I ritratti di personaggi russi, divisi per sesso, sono raccolti insieme per la prima volta e corredati di informazioni varie, dal nome (106) alla storia della famiglia, da vecchie esposizioni alla storia del quadro fino agli anni Sessanta.
Nel decennio successivo gli studi delle donne sulle donne hanno riportato alla ribalta molte pittrici dimenticate o poco analizzate. Il testo che inaugurò questo movimento è il catalogo dell'eccezionale mostra inaugurata al Los Angeles County Museum of Art nel 1976: Women Artists: 1550-1950 (107). La parte inerente alla Vigée Le Brun è trattata in modo molto particolareggiato, con una attenta sintesi della sua vita e della sua carriera, ed anche la scelta delle opere da esporre, meno note e meno usuali (108), dimostra un forte desiderio di rivalutazione obiettiva dell'opera della pittrice. Anche se solitamente è difficile parlare di obiettività riferendosi a giudizi critici, le autrici di questo testo sono riuscite a esprimersi in modo equilibrato, senza eccedere nelle lodi ed evitando i banali stereotipi accumulatisi con gli anni nelle biografie precedenti.
Nell'ambito degli studi sulle donne pittrici un altro testo fondamentale è Le tele di Penelope di Germaine Greer (109). Questa studiosa parla della Vigée Le Brun in modo altalenante, considerandola inizialmente una banale seguace di Greuze, ed esprimendo poi giudizi moraleggianti soprattutto sul suo comportamento nei confronti di due donne pittrici sue contemporanee: la Kauffmann e la Labille Guiard, ma quando sembra condannarla senza appello sia come persona -egocentrica e superba- che come artista, ecco che all'arrogante e indipendente Vigée-Le Brun (110) vengono concesse molte attenuanti (111), che la fanno diventare una pittrice seria e impegnata nel lavoro (112). Unico neo è il tono, proto-femminista, con cui la Greer insinua che la prima, o forse unica chiave del successo di Elisabeth fosse il suo fascino personale (113), senza il quale, dice lei, la pittrice non avrebbe avuto accesso alle gallerie d'arte e non avrebbe ottenuto il favore dei grandi personaggi dell'alta società.
Anche la più nota fra le scrittrici femministe, Simone de Beauvoir dedicò alcune pagine del suo deuxième sexe (114) alla nostra: ...Mme Vigee-Lebrun ne se lasse pas de fixer sur ses toiles sa souriante maternité. (…) Certes, le moi n'est past toujours haïssable. Peu de livres sont plus passionnants que certaines confessions: mais il faut qu'elles soient sincères et que l'auteur ait quelque chose à confesser. Le narcissisme de la femme au lieu de l'enrichir l'appauvrit; à force de ne faire rien d'autre que se contempler, elle s'anéantit; l'arnour même qu'elle se porte se stéréotypie: elle ne découvre pas dans ses [œuvres] son authentique expérience, mais une idole imaginaire bâtie avec des clichés. (115)
Come fa giustamente notare Joseph Baillio, la critica della de Beauvoir è decidedly unfair, since Vigée Le Brun painted only two portraits of herself with her daughter, Julie (116). Baillio aggiunge anche che, secondo lui, l'irritation di Simone de Beauvoir nasce dal fatto che la pittrice abbia voluto unire al suo narcisismo la glorification of her own motherhood, mettendo a servizio della sua carriera a major stumbling block to a woman's "true" affirmation of self and to her unrestricted freedom of action (117).
Negli anni Novanta altri studi sulle donne hanno raggruppato le maggiori donne pittrici in raccolte di più ampio respiro, inserendo la loro esperienza artistica in ambito sociologico (118) o letterario (119). Una visione ancora più ampia dal punto di vista interdisciplinare è The Exceptional Woman: Elisabeth Vigée-Lebrun and the Cultural Politics of Art di Mary Sheriff (120), che personalmente ritengo un po' troppo dispersivo e spesso esagerato nella psico-analisi delle facoltà mentali di Elisabeth: la docente americana prende addirittura in considerazione la possibilità che la pittrice fosse un ermafrodito e che avesse una relazione omosessuale con Maria Antonietta (!).
La mostra Elisabeth Louise Vigée Le Brun (1755-1842) (121), tenutasi al Kimbell Art Museum di Fort Worth, Texas, nel 1982, ha consacrato Joseph Baillio a biografo e studioso ufficiale della pittrice. Baillio ha iniziato a pubblicare articoli e saggi su Elisabeth nel 1980 (122), anno in cui è iniziata anche la preparazione di un catalogo critico di tutte le opere della pittrice, che purtroppo non ha ancora visto la luce. Le osservazioni dell'americano sull'arte della Vigée Le Brun sono soprattutto di tipo iconografico e sono supportate da una documentazione abbastanza accurata. Secondo me Baillio però non trova sempre i giusti riferimenti quando si tratta di cercare i modelli ispiratori di Elisabeth e ritengo che alcune sue indicazioni siano alquanto discutibili. Suo grande merito è però l'aver fortemente voluto la mostra del 1982, che ha risvegliato l'interesse degli storici dell'arte, mai veramente sopito, nei riguardi della Vigée Le Brun. Innumerevoli e sempre molto positive sono state le recensioni della mostra (123) e abbondanti, come si è visto, le pubblicazioni e gli interventi inerenti Elisabeth negli ultimi vent'anni (124).

  1. Una piccola, ma preziosa fonte di informazioni per questo capitolo è stato l’articolo di Catherine R. Monfort, Vigée Le Brun: une artiste exemplaire (1755-1842), in "Nottingham French Studies", 1996, vol.35, no.2, Autumn, pp.41-51.
  2. Citato in P. de Nolhac, Madame Vigée-Le Brun: Peintre de Reine Marie-Antoinette 1755-1842, Goupil and Company, Paris, 1908, p.16.
  3. Germaine Greer (Le tele di Penelope, le donne e la pittura attraverso i secoli, Bompiani, Milano, 1980, p.93) afferma che secondo l’opinione della stessa Elisabeth, pare che egli si interessasse a lei più come fonte di finanziamento per i suoi piaceri illeciti che come moglie. Con la scusa di occuparsi degli affari di lei, fissava alti prezzi per i quadri, intascava i guadagni e manteneva la moglie nelle ristrettezze.
  4. Aveva al suo attivo un centinaio di opere fra ritratti, allegorie e paesaggi sia ad olio che a pastello.
  5. La Compagnia, nel desiderio di corrispondere a un comportamento cortese quanto il suo e nel modo che per lei possa essere il più gradito, la prega di voler accettare la partecipazione a tutte le assemblee pubbliche di questa Accademia. Questo l’Accademia ha deciso nella sua assemblea di ieri, con unanime delibera che, seduta stante, è stata inserita nei suoi registri e di cui detta Accademia mi ha incaricato di trasmetterle notizia unitamente ai suoi ringraziamenti. Questo incarico mi onora tanto più che mi offre l’occasione, Mademoiselle, di confermarle la particolare stima che da molto tempo io nutro per lei e per il suo talento, condividendola con tutte le persone di qualità. Ho l’onore di essere rispettosamente, Mademoiselle, il suo umilissimo e ubbidientissimo servitore, / d’Alembert, Segretario a vita dell’Accademia francese / Parigi 10 agosto 1775. VIGÉE LE BRUN, 1835-37, p.39.
  6. Chez Les Frères Estienne, Brussels et Paris, 1779.
  7. Alle pp.4-7 e 21 l'illustre personaggio parla delle ultime due, ma in maniera un piuttosto imprecisa: divide infatti la biografia e le opere della Vigée Le Brun fra lei e la Vallayer-Coster.
  8. Oltre ai due citati più avanti e ad alcuni ritratti non identificati furono esposti: Maria Antonietta à la rose, olio su tela, 113 x 87 cm, già nella collezione di Madame Regnault de la Mothe de Fontanges, oggi in possesso degli eredi; Louis, Conte de Provence; La Contessa de Provence, olio su tela ovale, 80,6 x 64,7 cm, già nella collezione Gaby Salomon di Buenos Aires; Giunone che chiede la cintura a Venere; Venere che lega le ali di Cupido, pastello, venduto a Parigi, Hôtel Drouot, il 12 dicembre 1955; La Marchesa de la Guiche in vesti di lattaia, Marchesa de la Guiche, Chateau de Chaumont, Francia; Madame Grand, olio su tela ovale, 91,5 x 71 cm, firmato e datato a sinistra sul bordo del sofa: L. E. Le Brun 1783, The Metropolitan Museum of Art, New York; Autoritratto con cappello di paglia, olio su tavola, 92 x 73,5 cm, collezione privata, Svizzera; Julie Le Brun, pastello su carta, ovale.
  9. Olio su tela, 93,4 x 79 cm, Darmstadt, Schloss Wolfsgarten, proprietà della Principessa von Hessen e Rhein.
  10. Fig.4a. Olio su tela, 102,5 x 132,5 cm, Musée du Louvre, Parigi.
  11. La Gréce s'enorgueillit d'une Sapho, la France d'une Lebrun. Cit. in HAUTECOEUR, 1917, p.35.
  12. In un poema apologetico afferma che i ritratti della Vigée Le Brun sono animati da un pennello virile. Certamente era in buona fede, ma i maligni ne approfittarono attribuendo quel pennello a Ménageot. VIGÉE LE BRUN, 1835-37, p.53.
  13. M. de Miramond, Vers à Madame Le Brun, de l’Académie Royale de Peinture, sur les principaux ouvrages, dont elle a décoré le Sallon cette année, in Collection Deloynes, vol.XIII, n.308, pp. 3-6, parzialmente riprodotto nel Documento n.11.
  14. In Collection Deloynes, vol.XIII, n.291 (in particolare alle pp. 22-23).
  15. Chez Mérigot, edition Louis Stanislas Fréron, Paris, 1783.
  16. Ibidem, pp. 259-266.
  17. In Collection Deloynes, vol.XIII, n.288 (in particolare alle p. 22-23).
  18. Correspondance littéraire, philosophique et critique, Paris, 1880-1881.
  19. Il est difficile de parcourir tant d’ouvrages charmants de Mme Le Brun, sans se rappeler avec humeur toutes les tracasseries, toutes les petites persécutions qui lui fermèrent longtemps l’entrée de l’Académie et qui n’ont cédé enfin qu’au pouvoir de l’autorité. Le titre d’une exclusion si injuste n’avait point d’autre motif que l’état de son mari, l’un de nos plus fameux marchands de tableaux, mais l’Académie trouvait les intérets de son corps si essentiellement compromis par cette circonstance que, pour se garantir à jamais d’une influence si dangereuse, elle avait délibéré de ne plus agréer aucune femme, quelque distingués que fussent sont talent et ses ouvrages. Ibidem, p.440.
  20. Ibidem, p.441.
  21. In Collection Deloynes, vol.XIII: Changez-moi cette tête, ou Lustucru au Sallon: Dialogue entre le Duc de Marlborough, un Marquis François et Lustucru, n.289; Les Peintres volants, ou Dialogue entre un François, et un Anglois, sur les Tableaux exposés au Sallon du Louvre en 1783, n. 297.
  22. In Collection Deloynes, vol.XIII: Mercure de France, n.309; L'Impartialite au Sallon, dédiée à messieurs les critiques présens et à venir, n.303; Messieurs, ami de tout le monde, n.295.
  23. In Collection Deloynes, vol.XIII, n.292. Si tratta di un dialogo fra un abate, un cavaliere e un marchese.
  24. Coup de Patte (pseud.), Le Triumvirat des arts, ou Dialogue entre un peintre, un musicien & un poete sur les tableaux exposés au Louvre, année 1783, pour servir de continuation au Coup de Patte & à la patte de velours, in Collection Deloynes, vol.XIII, n.305.
  25. Ibidem, pp. 27-28.
  26. Ibidem, p. 29.
  27. L. P. de Bachaumont, Premiere lettre sur les Peintures, Sculptures & Gravures exposées au Salon du Louvre, Memoires secrets pour servir à I'histoire des lettres et des arts depuis M. DCC. LXII. jusqu'à nos jours, XXIV, 1783, in Collection Deloynes, vol.XIII.
  28. La pittrice non era stata classificata affatto, decisione presa da Pierre per sottolineare l’irregolarità della sua ammissione.
  29. Le sceptre d'Apollon semble tombé en quenouille et c'est une femme qui emporte la palme. Memoires secrets pour servir à I'histoire des lettres et des arts depuis M. DCC. LXII. jusqu'à nos jours, XXIV, p. 344, in Collection Deloynes, vol. XIII.
  30. Così lo definisce Theodore Sizer nell'articolo The John Trumbulls and Mme. Vigée Le Brun, in "The Art Quarterly", XV, 1952, n.2, Summer, pp. 170-178. Da questo articolo ho derivato le notizie biografiche presenti alla nota successiva.
  31. T. Sizer, The Autobiography of Colonel John Trumbull, Patriot-Artist, New Haven, 1953, p.102. Poco oltre aggiunge che Her pictures have great merit, particularly the portrait of herself and her daughter, which is not yet finished; in composition of this picture there is simplicity and sweetness worthy of the artist, and a brilliance of coloring quite charming. (Trumbull si riferisce all'autoritratto noto come Tenerezza materna, olio su tavola, 104 x 84 cm, esposto nel 1787 al Salon e oggi a Parigi al Musée du Louvre, di cui l'americano fece uno schizzo oggi a New Haven, alla Yale University Art Gallery). John Trumbull fu molto influenzato dallo stile di Elisabeth e condivideva con lei la passione per Rubens, i due artisti furono quasi perfetti contemporanei, entrambi contrassero matrimoni sfortunati e vissero a lungo lontano dalla loro patria. John Trumbull (1756-1483) sarebbe voluto diventare allievo di Copley sin da adolescente, ma il padre volle che studiasse legge ad Harvard. Nella biblioteca dell'università apprese i primi rudimenti artistici dall'Analysis of Beauty di Hogarth e dai volumi di incisioni di Piranesi. Successivamente fu allievo di Benjamin West a Londra e viaggiò per tutta Europa, trovando ispirazione soprattutto da opere di Rubens, ma anche da Charles Le Brun e David, oltre che da Elisabeth, come si è detto.
  32. In Collection Deloynes, vol.XIV.
  33. Madame Royale e il Delfino di Francia, olio su tela, 132 x 94 cm, Musée National du Château de Versailles; Charles Alexandre de Calonne, olio su tela, 150 x 126 cm, Her Majesty, Elizabeth II, Windsor Castle; La Contessa de Segur, Musée National du Château de Versailles; La Baronessa de Crussol, Musée des Augustins, Toulouse; La Contessa de Clermont-Tonnerre in vesti di Sultana, olio su tela, 98 x 72 cm, Collezione privata, Parigi; La Contessa de Grammont-Caderousse, olio su tavola, 105 x 76 cm, Nelson-Atkins Museum, Kansas City; La Contessa de Chastenay, olio su tela, ovale, 65 x 55 cm, Museo de Arte de Ponce, Puerto Rico; André Ernest Gretry, Musée National du Château de Versailles.
  34. Fig.5a. Olio su tavola, 109 x 78 cm, Parigi, Musée Nissim de Camondo.
  35. M. de Miramond, Vers à Madame Lebrun sur les critiques imprimées lors de l’exposition des tableaux du Louvre en 1785, par M Lebrun, secrétaire des commandements de feu S.A.S. Mgr le prince de Conti, in Collection Deloynes, vol.XIV, n.313.
  36. Journal de Paris, in Collection Deloynes, vol.XIV, n.350.
  37. que la tête en est charmante au possible, pleine de finesse, de malice & de gaieté. Le corps largement peint, d'une carnation admirable & séduisant par sa nudité lubrique: mais à la peau de tigre [sic] près, parfaitement imitée, on la prendroit plutôt pour une beauté de sérail que pour une prêtresse de Bacchus. L. P. de Bauchaumont et al., Seconde lettre sur les peintures, sculptures et gravures exposée au Salon du Louvre le 25 août 1785, in Memoires secrets, XXX, 1785, p. 162, in Collection Deloynes, vol.XIV.
  38. Lettre de Monsieur de Villette sur le Salon de 1785, in Collection Deloynes, vol.L, n.1349.
  39. La marque d'un grand talent n'est pas de tout embelir [sic], mais d'imprimer un caractère. Une bacchante doit-elle avoir l'air d'une nymphe? Ibidem, pp.320-21.
  40. Observations de Monsieur le marquis de S... capitaine de cavalerie sur quelques tableaux exposés cette année au Salon, in Collection Deloynes, vol.LI, n.1345.
  41. In Collection Deloynes, vol.XV.
  42. La contessa de Beon, olio su tela ovale, 89 x 70 cm, collezione Mauléon, Chalabre, Francia; Le Petit d'Espagnac, olio su tela ovale, 63,5 x 52 cm, Wallace Collection, Londra; Caroline Lalive de La Briche bambina, olio su tela ovale, 62,2 x 53,3 cm, collezione privata, Francia; Madame de La Grange; L’attrice Dugazon nel ruolo di "Nina", collezione privata, Svizzera; L’attrice Mole Raymond, olio su tela, 104 x 76 cm, firmato e datato in basso a destra Louise Vgee Le Brun f. 1786, Musée du Louvre, Parigi; L’attore Joseph Caillot, olio su tela ovale, 32,5 x 56 cm, collezione privata, Parigi; Julie Le Brun che si specchia, olio su tavola, 73 x 60 cm, Collezione di Michel David-Weill, New York; Julie Le Brun che riposa su una Bibbia aperta, collezione privata, Parigi.
  43. Louis de Carmontelle (pseudonimo di Louis Carrogis, appunto) Encore un Coup de Patte pour le dernier, ou Dialogue sur le Salon de 1787, in Collection Deloynes, vol.XV, n.378.
  44. …qu’elle me paroit avoir renoncé à peindre l’Histoire. Je me sais gré de ma franchise, si mes conseils ont peu engager à consacrer ses pinceaux à un genre. Ibidem, p.30.
  45. Fig.23a. Olio su tela, 275 x 215 cm, Musée National du Château de Versailles.
  46. Olio su tela, 123,5 x 156 cm, National Gallery of Art, Washington, D.C.
  47. Tenerezza Materna, olio su tavola, 104 x 84 cm, Musée du Louvre, Parigi.
  48. Cfr. il capitolo VI, pp.66-67.
  49. Il principe Henry Lubomirsky come Cupido, olio su tavola, 104 x 84 cm, Staatliche Museen Preussicher Kulturbesitz Gemäldegalerie, Berlino; Mohammed Dervisch-Khan, collezione Marnier-Lapostolle, Francia; Mohammed Usman-Khan; Il delfino Louis Charles con un cane, già allo Château de Saint Cloud, forse distrutto durante la Rivoluzione.
  50. Hubert Robert, olio su tavola, 147 x 101 cm, Musée du Louvre, Parigi.
  51. Remarques sur les ouvrages exposées au Salon (Paris, 1789), supplement, s.p..
  52. Madame Pierre Rousseau con la figlia, olio su tela, 115,5 x 86,5 cm, firmato e datato in basso a destra L. Vigée Le Brun f. 1789, Musée du Louvre, Parigi.
  53. ...toute la magie de l'art de Madame Le Brun se retrouve dans un tableau représentant l'amour maternel. L'expression en est douce, aimable et bien sentie, et il y régne une harmonie enchanteresse. On y remarque un coup d'ombre sur la figure, qui rappelle celui de Madame Le Brun dans son portrait peint par elle-même (riferimento all'autoritratto con cappello di paglia del 1781, Fig.2a). Mercure de France, in Collection Deloynes, vol. XVI, n.423, p.381.
  54. Alexandrine Emilie Brongniart, olio su tavola, 64 x 44 cm, Bowes Museum, Barnard Castle, in deposito dalla National Gallery di Londra.
  55. Louise Marie Adelaide de Penthievre Duchessa d'Orléans, olio su tavola, 110 x 84 cm, firmato e datato in alto a destra: Louise Le Brun f. 1789, Collezione del Conte de Paris, Fondazione Saint Louis, Château d’Amboise.
  56. Le Frondeur au Salon, in Collection Deloynes, vol.XVI, n.419.
  57. L’originale è alla Bibliothèque Jacques Doucet di Parigi, in Papiers Tripier Le Franc, Carton 52, Dossier II. Cfr. Documento n.6.
  58. MUNTZ, 1874-75, p. 452.
  59. Lettera del signor Pelli a Madame Vigée Le Brun del 19 settembre 1791, in MUNTZ, 1874-75, p. 450-51.
  60. Mme Le Brun vient de finir son portrait pour la galerie du grand-duc à Florence; c’est une des plus belles choses qu’elle ait faites; j’ai trouvé qu’elle avoit encore beaucoup acquis depuis mon départ de Paris. Ce tableau étonne toutes les personnes qui l’on vue jusqu’à présent; on n’avoit pas à Rome l’idée d’un talent de ce genre. (…) Le tableau que Mme Le Brun vient de finir a le succès le plus complait. (dalla lettera di Ménageot a d’Angiviller del 3 Marzo 1790, in A. de Montaiglon et Jules Guiffrey, Correspondance des directeurs de L’Académie de France a Rome avec les Surintendants des Bâtiments, 21 vols., Jean Schemit, Paris, 1906, 15: 401, 403) Si veda Il Documento n.6 per ulteriori passaggi della corrispondenza.
  61. Giovanni Paisiello (1741-1816), olio su tela, 129,8 x 100 cm, iscrizione in basso a sinistra, sulla copertina dello spartito: Rondo de Nina/A mio Ben quando verrai/musica/Del Sigr Giovanni Paisiello; in basso a sinistra sullo spartito: Te deum/Messa in musica/in occasione del felice viaggio/delle Loro Maestá delle Sicilie/1791, Musée National du Château de Versailles. Oltre a questo ritratto al Salon del 1791 furono esposti altri due dipinti della Vigée Le Brun: il n° 738 - Ritratto di Madame Adélaïde Perregaux del 1789, olio su tela, 100 x 78 cm, Wallace Collection, Londra, erroneamente intitolato "une Dame Espagnole" a causa del suo costume e un non meglio identificato Ritratto di donna seduta su un divano.
  62. Lettera di Ménageot a d'Angiviller il 30 Marzo 1791 Mme Le Brun è tornata [a Roma] da Napoli. Ha portato con sé il ritratto che ha fatto a Paisiello che è bellissimo e anche migliore dell’autoritratto che aveva fatto per gli Uffizi l’anno scorso (A. de Montaiglon and J. Guiffrey, Correspondance des Directeurs de I'Académie de France à Rome avec les Surintendants des Bàtiments, Parigi, 1907, XVI, p. 16, doc. no. 9152, citato in BAILLIO, 1982, catalogo, p.92). Per la spedizione dei due quadri: ibidem, XVI, pp. 36-37, documents 9177, 9178.
  63. Paisiello …un grand portrait d’un musicien par Mme Le Brun; le yeux son brillants, la tête est expressive et de la plus belle couleur. P. Cheryl, Explication critique et impartiale de toutes les peintures exposées au Louvre en septembre 1791, in Collection Deloynes, vol.XVII, n.436, p. 69. Stesso parere aveva l'autore de Les lettres critiques sur les tableaux au Salon de 1791 (in Collection Deloynes, vol.XVII, p.81): …de Paesiello surtout est remarquable: dans plusieurs années d'ici… ce sera une des belles tetes faites par Mme Le Brun.
  64. La Bequille de Voltaire au Salon, in Collection Deloynes, vol.XVII, n.438, pp. 38, 40-41.
  65. J. B. P. Le Brun, Le Salon de Peinture, in Collection Deloynes, vol.XVII, n.442, p. 10.
  66. Citato da Baillio (1982, catalogo, p. 95), mia traduzione dalla sua inglese. Simile nei toni anche Les Petites Affiches de Paris: Mde Le Brun s’est surpassée surtout pour la partie du coloris et la piquant des effets: on ne peut faire de la chair plus brillante, un fond plus harmonieux, ni un habillement plus puissant de ton. Il a semblé à quelques personnes difficiles que l’oeil luisant était trop clair et venait trop en avant… in Collection Deloynes, vol.XVII, n.449, p. 544.
  67. STRACHEY, 1989, p. 316. Mia traduzione dall'inglese.
  68. Emma Hart (1761-1815), la futura Lady Hamilton come Arianna (ovvero come bacchante couchée), olio su tela, 135 x 158 cm, Lady Lever Art Gallery, Port Sunlight, Inghilterra.
  69. Bulletin de Julliet 21, 1790, in MONTAIGLON-GUIFFREY, 1906, XV, p. 437.
  70. Si vedano nel Documento n.12 le due lettere con le trattative per l'acquisto dell'opera da Christie’s.
  71. In James Greig, J. Farrington, Diary, 8 voll., London, 1922-28, II (1802-04), 219.
  72. Fig.24. Olio su carta incollata su tela, 48,2 x 35,2 cm, firmato e datato in basso a sinistra: L. E. Vigée Le Brun / pour son ami De Non / a Venise 1792, Museum of Art, Toledo, Ohio.
  73. Bassano, 1792.
  74. … E l’opra uscir dovea dal vostro Sesso, / Cui sol, dando ai fiammanti occhi di piglio, / Col fulmine scherzare era concesso. Sonetto di Ippolito Pindemonti in D. V. Denon, L’Originale e il Ritratto, Bassano, 1792, componimento III, Sonetto I, p.XVIII; Quaeris cur mulier non vir depinxerit? (…) /Sol ritrar ti poteo Donna pittrice / La cui Dedala destra indur si dice / Gradito error fra il vero e volto e il finto. Poesia di Sibiliato, ibidem, componimento VIII, Tetrastichon, p. XXIV. Si veda nel Documento n.7 per il testo integrale delle due poesie.
  75. Riportata integralmente nel Documento n.13.
  76. Stanislas Augustus (1732-1798) ottavo figlio del compagno d’armi di Carlo XII di Svezia, il Conte Stanislas Ciolek Poniatowski, Palatino di Cracovia e della Principessa Constanza Czartoryska. Divenne ufficiale nell’armata imperiale russa e viaggiò in Europa occidentale. Nel 1756 arrivò a San Pietroburgo in veste di ambasciatore plenipotenziario della Polonia. Presentato alla Granduchessa Caterina Alexievna, la futura Caterina II, da Leon Naryshkin e da Hanbury Williams, ambasciatore britannico, ne divenne l'amante, ma due anni dopo dovette tornare in Polonia per aver tramato contro lo Zar. Caterina lo sostituì con Grigori Orloff, ma nel 1762, dopo essere salita al trono, fece in modo che egli fosse eletto re di Polonia due anni dopo, con l'appoggio di truppe cosacche. Nel 1772 ci fu la prima spartizione della Polonia fra Russia, Prussia e Austria, a cui egli non poté opporsi in alcun modo. Nel 1791 concedette al partito patriottico polacco una Costituzione, ma poi si alleò con la Confederazione filo-russa di Targowiqa. Dopo la seconda divisione del paese (1793) e l'invasione russa di Varsavia (1794) egli mantenne il trono solo grazie a Caterina, che però gli ordinò di abdicare alla fine dell'anno successivo. Alla morte della zarina Paolo I gli concesse di vivere in esilio nel Marble Palace, a San Pietroburgo, con una piccola rendita. Poniatowsi morì dopo appena un anno dal suo arrivo in Russia.
  77. Journal privé du roi Stanislas Auguste pendant son voyage en Russie pour le couronnement de l'empereur Paul ler, in Mémories secrets et inédits de Stanislas Auguste, comte Poniatowski, dernier roi de Pologne, Leipzig, 1862, p.138 (citato da BAILLIO, catalogo, 1982, p.116, mia traduzione dalla sua inglese).
  78. Ibidem, p. 71.
  79. Re Stanislaus Augustus Poniatowski con mantello di velluto rosso e la mano destra nella veste nera, olio su tela ovale, 99 x 81,2 cm, Musée National du Château de Versailles (questo è il ritratto che la pittrice tenne per sé, espose al Salon del 1802 e successivamente appese nel suo appartamento accanto a quello di Caterina II, notizie da Madame Ancelot, Salons de Paris, Paris, 1858, p. 39); Re Stanislaus Augustus Poniatowski, in costume da Enrico IV con grande medaglione dell’emblema di Freemasons, mezza figura, olio su tela ovale, 93 x 74 cm, firmato e datato, Museo d’arte Orientale e Occidentale, Kiev.
  80. Egli la chiamava "ma bonne amie" (BAILLIO, 1982, catalogo, p.116).
  81. VIGÈE LE BRUN, 1835, III, 31-32, citato da BAILLIO, 1982, catalogo, p.116, mia traduzione dalla sua in inglese.
  82. Catherine Feodorovna Dolgorouky (1769-1849) figlia del Principe Theodore Sergueivitch Bariatinsky - uno degli assassini di Pietro III e Gran Maresciallo della corte russa di Caterina II - e della Principessa Maria Vassilievna Khovansky, sposò nel 1786, il Luogotenente-Generale Principe Basil Vassilievitch Dolgorouky (1752-1812), da cui ebbe cinque figli. Il suo era uno dei salotti più noti di San Pietroburgo. Dopo la morte della zarina la famiglia cadde in disgrazia e dovette andare in esilio fino al 1812. La principessa andò inizialmente a Parigi dove ebbe modo di incontrare di nuovo la Vigée Le Brun. Quest'ultima descrive la nobile russa nei suoi Souvenirs in questi termini: essenzialmente greca come carattere con un che di ebraico, specialmente nel profilo. I lunghi capelli, acconciati morbidamente e di un bel color castano le ricadevano sulle spalle. Era molto ben proporzionata, e il suo portamento era nobile e pieno di grazia senza la minima affettazione. In VIGÈE LE BRUN, 1835, vol.II, p.275, citato da BAILLIO, 1982, catalogo, p.118, mia traduzione dalla sua in inglese.
  83. Principessa Dolgorouky, olio su tela del 1797, 138,5 x 100,3 cm, firmato in basso a sinistra: Vigée Le Brun à pétersbourg, Collezione privata. La principessa vide nello studio della pittrice il ritratto di Lady Hamilton come Sibilla -olio su tela, 139 x 101 cm, Collezione privata-, che Elisabeth portava sempre con sé e volle essere ritratta in modo simile. Il compenso che la Vigée Le Brun ottenne per il quadro è certo eccezionale - ma bisogna ricordare che si tratta di un ritratto a figura intera e con entrambe le mani in vista (si veda in appendice i prezzi delle opere a seconda di soggetti e dimensioni) - e non passò di certo inosservato: già nel 1795, il conte Rostopchin riferiva al conte Worontzoff, l’ambasciatore russo a Londra: Mme Le Brun viene pagata mille, duemila rubli per un ritratto (HAUTECOEUR, 1917, p.100).
  84. Il 18 gennaio del 1802.
  85. Nei Souvenirs la pittrice racconta che comunque quei pochi amici non erano ben visti da Napoleone, il quale (…) aveva detto seccamente: "Madame Le Brun è andata a trovare i suoi amici". In VIGÉE LE BRUN, 1835-37, p.156.
  86. La maggior parte dei suoi committenti qui furono francesi emigrati in Inghilterra durante la Rivoluzione ed altri residenti stranieri.
  87. J. Hoppner, Oriental Tales Translated into English Verse, London, 1805.
  88. Si veda a p.118 di questo Capitolo ed inoltre il Capitolo V per la permanenza di Elisabeth in Inghilterra e i suoi giudizi sull'arte inglese.
  89. Citato in A. Vuaflart, La tombe de Madame Vigée-Lebrun à Louveciennes, Societé de l’histoire de Paris, 1915, p.8.
  90. C. Pillett, Les Artistes célèbres: Madame Vigée-Lebrun, Librairie de L'Art, Parigi, 1890. Prima della fine del secolo, la pittrice fu citata negli Études sur la littérature au XVIIIème siècle di Edmond Scherer (Calmann Levy, Paris, 1891) per i suoi Souvenirs ed Henri Bouchot pubblicò nel 1898 un articolo - in due parti - nella "Revue de l’art ancien et moderne" (Une artiste française pendant l’èmigration: Madame Vigée-Lebrun, 1898, pp.51-62, 219-230) che prendeva in considerazione gli anni di esilio volontario della Vigée Le Brun da un punto di vista storico-sociale.
  91. NOLHAC, 1908.
  92. NOLHAC, 1908, p.1 et al., citato da VAUFLART, 1915, p.14.
  93. Un'interessante trattazione di questo argomento, anche se riferita a poche opere, si trova nei due articoli di I. Bischoff: Vigée-Lebrun and the women of the French court, in "Antiques", November 1967, pp. 706-712 e Vigée-Lebrun's portraits of men, in "Antiques", January 1968, pp. 109-112.
  94. W. H. Helm, Vigée-Lebrun1755-1842: Her Life, Works and Friendships, with a catalogue raisonné of the artist's pictures, London, 1915 and Maynard Small and Co., Boston, Massachusetts, 1916; L. Hautecœur, Madame Vigée-Le Brun, Librairie Renouard, Parigi 1917; A. Blum, Madame Vigée-Lebrun peintre des grandes dames du XVIIIe siécle, H. Piazza, Parigi, 1919 Edition d’Art, Paris, 1919.
  95. Dei 41 dipinti illustrati in HELM, 1915, i modelli di 4 ritratti autentici sono errati, 9 copie anonime sono considerate originali, e 5 dipinti di altri autori le sono ascritti erroneamente.
  96. MacFALL, 1922, parzialmente riprodotto nel sito internet The Art of Elisabeth Vigée Le Brun.
  97. E. V. Lucas, Little Books on Great Masters, Chardin and Vigée-Lebrun, George H. Doran Company, New York and Methuen and Company, Londra, 1924.
  98. J. Mycielski e S. Wasylewski, Portrety Polskie Elsbiety Vigée-Lebrun, Lvov and Poznan, 1928.
  99. J. Michelet, Histoire de la Revolution française, Editions de la Pléiade, Paris, 1952.
  100. MICHELET, 1952, I, 91, mia traduzione.
  101. Ad esempio in M. Levey, Rococo to revolution, Oxford UP, New York, 1966; F. Novotny, Painting and Sculpture in Europe, 1780-1880, Baltimora, 1971; Pirovano - Caramel - Le Cannu, Storia della pittura dell’Ottocento, Milano, 1975.
  102. A.P. de Mirimonde, Musiciens isolés et portraits de l'école française du XVIIIe siècle dans les collections nationales, in "Revue du Louvre", 17, 1967, n. 2, pp. 81-88.
  103. Oltre a quello di Paisiello, di cui abbiamo già discusso, Mirimonde ricorda anche quello del 1785 di André-Ernest Modeste de Grétry (1741-1813), oggi al Musée National du Château de Versailles.
  104. MIRIMONDE, 1967, p.83. È un vero peccato che lo studioso non abbia voluto pubblicare l'articolo di cui parla, cosa che non ci permette di conoscere quali plagi siano stati fatti, secondo lui, dalla Vigée Le Brun.
  105. I.BISCHOFF, 1967 e 1968.
  106. L. Nikolenko, The Russian Portraits of Madame Vigée-Lebrun, in "Gazette des Beaux-Arts", 109e année, 1967, LXX, July-August, pp. 91-120.
  107. Per i ritratti russi e polacchi spesso la grafia dei nomi ha causato imprecisioni ed errate identificazioni: il lavoro della Nikolenko ha restituito molti nomi a ritratti di anonimi e ne ha corretti altri che erano stati trascritti foneticamente. Un lavoro analogo, ma meno schematico, per le opere polacche è del 1979: A. Ryszkiewicz, Les Portraits polonais de Madame Vigée-Lebrun. Nouvelles données pour servir à leur identification et histoire, in "Bulletin du Musée National de Varsovie", 1979, vol.XX, n. 1, pp. 16-42.
  108. A.SUTHERLAND HARRIS - L. NOCHLIN, Le grandi pittrici: 1550-1950, Feltrinelli, Milano, 1976.
  109. Il ritratto del 1789 della Marchesa di Jaucourt, olio su tela, 114 x 88 cm, Metropolitan Museum of Art, New York; il ritratto del 1793 della Contessa Bucquoi, olio su tela, 146 x 99 cm, firmato e datato in basso a destra L. E. Vigée Le Brun/à Vienne 1793, [Institute of Arts, Minneapolis, Minnesota; e il particolarissimo ritratto del 1800 di Varvara Ivanovna Ladomirsky Narishkine, olio su tela, 64,4 x 44,4 cm, firmato e datato in basso a sinistra L.E.Vigée/Le Brun/1800/à Moscou, Gallery of Fine Arts, Columbus, Ohio.
  110. GREER, 1980.
  111. GREER, 1980, p. 80.
  112. Le nozze con Le Brun (di cui la Greer non sottolinea i risvolti comunque positivi); le voci sulla sua relazione con Calonne; il sospetto che Menagéot fosse il vero autore delle sue opere migliori; la calunnia sull'astio esistente fra la Vigée Le Brun e la Labille Guiard (a questo proposito si vedano in particolare J. Cailleux, Portrait of Madame Adelaide of France, daughter of Louis XV, in "Burlington Magazine", 1969, vol. CXI, n.792, March, pp. I-VI e Danielle Rice, Vigée Le Brun vs. Labille-Guiard: A Rivalry in Context. In Proceedings of the Eleventh Annual Meeting of the Western Society for French History, Riverside, 3-5 November 1983, John F. Sweets, ed. Lawrence, The University of Kansas, Kansas City 1984).
  113. GREER, 1980, p.271.
  114. Per sua fortuna aveva un aspetto attraente fin da giovanissima e l’avventato matrimonio con un libertino non ne diminuì certo il fascino. GREER, 1980, p.95. In un testo come Le tele di Penelope suonano strane queste parole, soprattutto se si rapporta il grande successo di Rosalba Carriera (di cui la Greer parla diffusamente) e la sua ben nota poca avvenenza.
  115. S. de Beauvoir, Le deuxième sexe, Ed. Gallimard, Paris, 1977 (la prima edizione è del 1949).
  116. BEAUVOIR, 1977, II, p.70.
  117. BAILLIO, 1988, p.97. I due Autoritratti con la figlia Julie sono entrambi a Parigi al Louvre (entrambi a olio su tavola, quello del 1786 misura 104 x 84 cm, quello del 1789 invece 121 x 90 cm). Una critica analoga all'imprecisione della studiosa francese viene da Mary Sheriff (SHERIFF, 1996, p.43).
  118. BAILLIO, 1988, p.97.
  119. W. Chadwick, Women Art & Society, Thames and Hudson, London, 1990. La parte inerente alla Vigée Le Brun è alle pagine147-164.
  120. W. Slatkin, The Voices of Women Artists, Englewood Cliffs, Prentice Hall, 1993. Si tratta di una raccolta di estratti da autobiografie ed epistolari di artiste di tutte le epoche. La parte dedicata ai Souvenirs di madame Vigée Le Brun è alle pagine 25-44.
  121. M. D. Sheriff, The Exceptional Woman: Elisabeth Vigée-Lebrun and the Cultural Politics of Art., University of Chicago Press, Chicago and London, 1996.
  122. Elisabeth Louise Vigée Le Brun (1755-1842), catalogo della mostra a cura di J. BAILLIO, Fort Worth, Texas, Kimbell Art Museum, 1982.
  123. J. Baillio: Identification de quelques portraits d'anonymes de Vigée Le Brun aux Etat-Unis, in "Gazette des Beaux-Arts", 122e année, 1980, vol.XCVI, November, pp. 159-168.; Le Dossier d'une oeuvre d'actualité politique: Marie-Antoinette et ses enfants par Mme Vigée Le Brun, Part 1: "L’Œil", Mar 1981, pp. 34-41, 74-75; Part 2: "L’Œil", May 1981, pp. 53-60, 90-91; Quelques peintures réattribuées à Vigée Le Brun, in "Gazette des Beaux-Arts", 124e année, 1982, vol.XCIX, January, pp. 13-26.; Vigée Le Brun and the Classical Practice of Imitation, Papers in Art History from the Pennsylvania State University, IV, 1988, Edited by George Mauner et al..
  124. Fra i tanti: D. Sutton, Madame Vigée Le Brun: A Survivor of the Ancien Régime, in "Apollo", 1982, vol.CXVI, n.245, July, pp. 24-30; J.-L. Bordeaux, Elisabeth Louise Vigée LeBrun, 1755-1842, in "Art International", 26, 1983, vol.XXVI/ 3, July-August, pp.25-28, 64; E. Tufts, Vigée Le Brun, in "Art Journal", 1982, vol.42, no. 4, Winter, pp.335-338.
  125. Fra gli studi non ancora citati ve ne sono due sugli autoritratti della pittrice: H.T. Douwes Dekker, Gli autoritratti di Elisabeth Vigée-Lebrun (1755-1842), in "Antichità Viva", XXII, 1983, n.2, luglio-agosto, pp. 31-35 e K. Russo, The series of self-portraits in the work of Elisabeth Vigée Le Brun, dattiloscritto, Florida Atlantic University, 1996). Il lavoro di Douwes Dekker è una lista piuttosto accurata di tutti gli autoritratti noti della Vigée Le Brun, con informazioni tecniche e storiche molto interessanti; lo studio della Russo invece è un'analisi storico-iconografica dei più famosi fra questi dipinti.