CAPITOLO IX
La pittrice e i suoi commentatori (1)
Come tutti gli artisti più rinomati,
Elisabeth Vigée Le Brun ottenne numerosi riconoscimenti critici già durante la
sua vita.
Nel 1774, nell’Almanach
sur les Peintres di Jean Baptiste Pierre le Brun, troviamo la prima notizia
pubblicata sulla pittrice Elisabeth Vigée:
Mlle
Vigée a pris la route d’une artiste qui veut se faire une grande réputation. Remplie
du désir d’exceller, elle écoute avec douceur et ses émules et ses maîtres dans
l’art de rendre le portrait avec vérité. Déja ceux qui sortent de son atelier
se ressentent de ses heureuses impressions; ils sont composés avec gout; le
sentiment y brille, les habillements y sont bien faits et sa couleur est
vigoureuse. (2)
Questa descrizione di Elisabeth è notevole,
soprattutto se si pensa che l'anno successivo la pittrice si trasferì con la
famiglia nell'hotel dove abitava anche Le Brun e che nel 1776 i due convolarono
a nozze. Già prima di accoglierla nella sua galleria per mostrarle e farle
copiare opere di grandi maestri, Le Brun aveva notato il carattere forte e
tenace della giovane pittrice, il suo désir d’exceller, e aveva già
intuito, grazie al suo acuto senso critico, che ella aveva davanti a sé un
futuro pieno di successo. Chiaramente egli era soprattutto interessato al
guadagno che avrebbe ottenuto facendo da tramite fra Elisabeth e i suoi
facoltosi committenti: non per nulla, per sposarla, aveva rinunciato a un
matrimonio molto promettente con la figlia di un ricco mercante d'arte olandese
(3).
Il 1774 fu l’anno in cui la pittrice divenne
membro ufficiale dell’Académie de Saint Luc di Parigi, ma come
sappiamo dalle sue memorie, l’artista lavorava già da sei anni, era famosa e
guadagnava molto dalla sua professione di ritrattista (4). Non desiderava
comunque rimanere a lungo nell'associazione dei pittori: voleva entrare all’Académie
Royale e a tal fine tentò maldestramente di ottenere i favori di d’Alembert
inviandogli due quadri come dono perché fossero appesi nella sala delle
riunioni. In cambio il direttore dell’importante istituzione le rispose con una
lettera (5) in cui manifestò, forse un po’ troppo diplomaticamente, la sua
stima per lei. La poco abile mossa non ebbe quindi gli effetti sperati, ma fu
certo motivo di orgoglio poter dire che il direttore dell'Académie
apprezzava le sue opere e le riteneva degne della lode di tutte le persone
di qualità.
Il teologo di Parigi, dottore della Sorbona e
gran maestro del Collegio Mazarino, Riballier pubblicò nel 1779 a Parigi e a
Bruxelles il testo De L’Education physique et morale des femmes (6) in
cui era presente anche una Notice abrégé des femmes illustres, dove
vengono citate fra le artiste Madame Vien, l'illustratrice scientifica
Magdeleine Basseporte, Madamoiselle Vallayer-Coster e Madame Vigée Le Brun (7),
volendo dimostrare che il problema dell’ignoranza femminile non sta nelle donne
in quanto tali, ma nei freni che vengono loro posti nello studio.
Dal 1783 la pittrice, divenuta membro dell’Académie
Royale, espose regolarmente al Salon fino al 1791 e nella Collection
Deloynes, alla Bibliotheque Nationale di Parigi, sono conservati
tutti gli scritti critici su queste esposizioni. A grandi linee queste opere
possono essere divise in tre generi: quelle eccessivamente generose di plauso,
quelle interessate al valore artistico dei dipinti esposti e quelle più
polemiche e avverse alle donne pittrici.
Nel 1783 la pittrice espose una ventina (8) di
quadri. Il più discusso politicamente fu quello di Maria Antonietta "en
gaulle" (9), ma quello che diedero maggior impulso alle penne dei
critici fu il morceau de reception che Elisabeth aveva presentato all’Académie:
il dipinto di storia La Pace che riporta l’Abbondanza (10).
Difesero a spada tratta la pittrice il Salon
à l'encan (11), i due poeti Le Brun-Pindare (12) e M. de Miramond (13),
l’autore della Loterie pittoresque pour le Salon de 1783 (14), che
tacitò coloro che accusavano la pittrice di aver copiato da altri la
composizione del suo dipinto di storia, e il critico delle Observations sur
les Ouvrages de Peinture et Sculpture, exposés au Salon du Louvre, le 25 Aôut
1783, L’Année Littéraire (15), che la mise al primo posto fra i ritrattisti
in genere, non solo tra le donne, e arrivò persino a paragonarla a Rubens. Egli apprezzò il tocco moelleuse
et suave della Vigée Le Brun, ma le fece un sottile appunto, in quanto les
têtes, dans les Tableaux de Madame le Brun, sont tres-jolies, assurénient, mais
ce sont de jolies têtes françoises (16), non esempi presi dall’antichità. Altri ebbero giudizi altalenanti, come gli autori
dell’Apelle au Sallon (17), che ritennero alcune opere troppo leziose, ma altre
eleganti e ben fatte, oppure il Barone Frederic Melchior Grimm (18) che, dopo
aver ricordato le complesse vicissitudini dell’elezione a membro accademico
della Vigée Le Brun (19), affermò che la sua Pace che riporta L’Abbondanza era
una charmante idée resa con une
grace si brillante et si naive, che una jolie femme non avrebbe
potuto fare meglio, ma in generale a trop d’éclat; la nature est moins
brillante et l’art qui cherche à la surpasser manque son effet (20).
Fra i commenti più tecnici alcuni (21)
notarono un certo influsso fiammingo per le proporzioni e la brillantezza di
toni delle figure femminili delle allegorie, mentre altri (22) criticarono lo
stile della pittrice per quegli stessi due motivi, che rendevano le opere di
Elisabeth troppo antiaccademiche.
I giudizi più sfavorevoli non erano però
inerenti la tecnica, ma consideravano riprovevole il fatto che una donna osasse
presentare opere di storia senza avere la preparazione adatta: nel dialogo
Momus au Sallon, Comédie-Critique en vers et en vaudevilles, suivie de notes
critiques (23) la questione era se le donne potessero o meno ritrarre donne
svestite e la conclusione del tutto "galante" fu che avrebbero dovuto
lasciare questo piacere agli uomini. Certamente più offensivo fu invece Coup de
Patte (24) che rispose chiaramente a uno dei suoi interlocutori che domandava
se una donna (la Vigée Le Brun ovviamente) fosse in grado di trattare un
argomento storico: Non. Les bras, la tête, le cœur des femmes sont privés des
qualités essentielles pour suivre les hommes dans la haute région des beaux
arts. Si la nature en produisoit une capable de ce grand effort, ce seroit une
monstruosité d’autant plus choquante, qu’il se trouveroit une opposition
nécessaire entre son existence physique & son existence morale. Une femme
qui auroit toutes les passions d’un homme, est réellement un homme impossible. Aussi
le vaste champ de l’Histoire, qui n’est rempli que d’objets virgoureusement
passionnés, est fermé pour quiconque n’y sauroit porter tous les caractères de
vigueur (25). Per completare il
suo discorso fece però un commento meno fazioso, poiché secondo lui il difetto
maggiore delle opere di storia della Vigée Le Brun esposte a quel Salon era
semplicemente il fatto che esse rappresentavano donne reali piuttosto che
idealizzazioni (26).
Un importante elogio venne da Louis Petit
de Bachaumont (27), che in altre occasioni scrisse critiche molto dure nei
confronti della pittrice e quindi può essere considerato più obiettivo di
altri. Commentò ironicamente (28) di non conoscere il genere di pittura in cui
la pittrice era stata posta al suo ingresso all’Académie e la ritenne degna di
tutti, non esclusa l’histoire: il
suo morceau de reception era, secondo lui una allégorie aussi
naturelle qu’ingénieuse. Le concedette i massimi onori (29), temendo
persino di poter essere considerato blasfemo, e sottolineò che il dipinto di
Elisabeth era quello che più attraeva l’occhio e lo spirito dello spettatore.
Ricordò anche che la Vigée Le Brun e la sua Pace che riporta l’Abbondanza
erano al centro delle conversazioni dei più rinomati salotti, notando comunque
che prima di tutto la sua fama era dovuta alla sua bellezza, alla sua amabilità
e alle affollate soirées che si tenevano nel suo salotto, grazie
alle quali ottenne molte delle sue più importanti commissioni.
Anche un americano si pronunciò su questo
dipinto: il colonnello John Trumbull, patriot-artist (30), che lo vide
qualche anno dopo (1786) nella sala dell’Accademia al Louvre, annotò nel suo
diario che among [the morceaux de reception], Madame Le Brun's
Peace and Plenty holds a conspicuous rank; the coloring is very brilliant
and pleasing. (31)
Al successivo Salon del 1785 (32), la
pittrice espose ancora numerose opere (33), ma la più discussa fu nuovamente un
dipinto di storia: la Baccante con pelle di tigre
(34). M. de Miramond scrisse altri versi (35) in onore di Elisabeth, mentre
Renou (36) la difese da non meglio specificate insinuations, che
negavano alla pittrice il talento che invece ella aveva ampiamente dimostrato
di avere anche con quest’opera e che, secondo lui, non era affatto una
prerogativa maschile.
Commenti positivi si hanno anche da
Bauchaumont (37) e da Monsieur de Villette (38) che ritennero il quadro di
ottima fattura, ma la seducente donna ritratta molto poco simile a una baccante
(39). Meno favorevole fu un altro critico (40) che non riteneva possibile per
la Vigée Le Brun dipingere una donna nuda a mezza figura senza aver studiato
dal vero e senza conoscere nemmeno gli attributi adatti a una vera baccante e,
nonostante tutto questo, pretendere di essere considerata una pittrice di storia.
Più variati furono i commenti (41) alle opere
esposte nel 1787 (42), anno in cui Elisabeth presentò solo ritratti. A questo
proposito Louis Carrogis (43), che aveva spesso rimarcato che la Vigée Le Brun
doveva lasciar perdere i dipinti di storia, tirò un sospiro di sollievo (44) ed
ebbe parole di elogio per quei ritratti che considerava molto più adatti ad una
donna.
Bachaumont si dedicò al grande ritratto di Maria Antonietta con i figli (45), che fu purtroppo
un insuccesso per la pittrice, che non riuscì nell'intento di mostrare la
regina nelle vesti della madre amorosa non solo dei suoi figli, ma di tutta la
Francia. L’autrichienne era troppo bella, sembrava addirittura più
giovane della figlia e aveva un’espressione annoiata, distratta e per nulla
affettuosa.
Un altro ritratto di gruppo attrasse i
critici, il ritratto della Marchesa Peze e Marchesa
de Rougé con i figli della seconda (46). La precisione
della resa tecnica delle sete scintillanti e dei morbidi toni dell’incarnato fu
una delle qualità più apprezzate del quadro, ma anche l’intensità degli
affetti, resa anche più evidente dal confronto col ritratto della regina, fu
sottolineato dai commentatori, che per questo avvicinarono la tela all’affettuoso
Autoritratto con la figlia Julie (47), a sua volta accostato alle opere
dei grandi maestri del Rinascimento italiano.
Nello stesso anno, al di fuori delle querelles
del Salon, ci fu uno scambio di battute fra Sir Joshua Reynolds e il suo
allievo James Northcote a proposito di due opere della Vigée Le Brun, di cui
abbiamo già avuto modo di parlare diffusamente (48).
Il contributo di Elisabeth al Salon del
1789 (49) comprese alcune delle sue opere migliori: il vigoroso ritratto di
Hubert Robert (50), per il quale fu considerata capace di ritrarre anche il
genio, non solo la grazia (52), la Madame Rousseau con la figlia (53),
apprezzata per la dolcezza, l’amabilità e l’armonia (54), e il grazioso
ritratto della piccola Alexandrine Emilie Brongniart
(54). Il quadro che ottenne maggior successo fu però il ritratto della Duchessa
d'Orleans (55), che non fu apprezzato per motivi prettamente artistici,
bensì per la popolarità della fazione Orleans fra gli scrittori liberali che
con la loro ammirazione per la duchessa francese condannavano implicitamente
l'austriaca Maria Antonietta (56).
Prima del successivo Salon scoppiò la
Rivoluzione e la pittrice si rifugiò in Italia, dove venne accolta dalle
Accademie di tutte le città che visitò. Il granduca di Toscana le chiese un Autoritratto per la galleria degli Uffizi, che ella
dipinse ed espose a Roma prima di spedirlo a Firenze. Abbiamo numerose
testimonianze di quanto l’opera fu apprezzata dal pubblico e dal suo
committente: la Vigée Le Brun scrisse una lettera (57) a tale proposito al suo
amico il pittore Hubert Robert, in cui specificò che i romani le diedero
l’appellativo di Mme Van Dyck, Mme Rubens. Secondo il Cavalier Pelli,
direttore degli Uffizi, il dipinto pare uscito dal pennello di un uomo di
sommo merito, più che da quello di una femmina (58). Lo stesso scrisse a Elisabeth
che j'estime et j'admire un ouvrage qu'on peut appeler à juste titre un chef
d'œuvre de l'art e che Son Altesse royale (...) a admiré votre travail
et il en a été tout à fait charmé. / Tous les François qui sont ici, tous les
professeurs qui en connaissint le mérite, tous les amateurs de Beaux-Arts l'ont
trouvé au-dessus de tout éloge et tres propre à faire honneur aussi aux
célèbres pinceaux de l'antiquité (59). Anche Ménageot apprezzò molto l’Autoritratto della Vigée Le Brun, come
testimonia una sua lettera a d’Angiviller del 3 marzo 1790 (60).
Pur essendo a Napoli, nel 1791 la pittrice
partecipò al Salon di quell’anno spedendo a Parigi un dipinto eseguito
proprio nella città partenopea, il Ritratto di
Giovanni Paisiello (60). I commenti della critica furono eccellenti,
come già quello di Ménageot, a cui il quadro piacque talmente che accordò alla
pittrice l’onore di spedire il dipinto insieme al suo Meleagro per lo
stesso Salon (61). Il quadro fu ritenuto da tutti un’opera d’arte
stupefacente, senza che la precipitosa fuga in Italia della pittrice -
chiaramente politica - intaccasse i giudizi dei visitatori dell’esposizione.
Dai tiepidi commenti di Philippe Cheryl (62) si passa a La Bequille de
Voltaire au Salon (63), che esplode in un’ovazione: Ici le portrait de
Paisiello par Madame Le Brun! O Van Dyck, tu renais! e alla generosa
critica del marito della Vigée Le Brun: Paisiello, par Madame Le Brun, est
un de ces chefs-d’œuvre accomplis… Composition grande, dessin
correct, expressions sublimes, force d’harmonie et finesse de ton. (64) Egli conclude addirittura dicendo che in una
parola, tutto ciò porta l’arte al suo più alto grado di perfezione. Gli Antichi
non ci hanno lasciato niente di così perfetto (65). Lo stesso Le Brun dirà a
Elisabeth che il più grande imitatore degli antichi, David, fu talmente
sconvolto alla vista del Ritratto di Paisiello, che era appeso vicino al suo
Ritratto di Madame de Sorcy-Thellusson, da dire ai suoi allievi, lì presenti:
Uno potrebbe pensare che il mio quadro sia stato dipinto da una donna e quello
di Paisello da un uomo (66).
Altre opere del periodo italiano riscossero un
grande successo: nel luglio del 1790 la pittrice aveva terminato un Ritratto
di Emma Hart come Baccante distesa su una spiaggia (67) per Lord Hamilton,
suo amante e successivamente suo marito. Ménageot scrisse a d'Angiviller a proposito di
questo quadro che Le ministre d'Angleterre, le chevalier Hamilton, a ecrit
icy qu'elle vient de faire pour lui un des plus beaux tableaux qu'il ait vu
[sic] (68). Il dipinto continuò ad
essere apprezzato anche molti anni dopo, dal successivo compagno di Lady
Hamilton, Lord Nelson (69). Nel 1809 fu venduto dalla stessa Emma insieme ad
altri possedimenti del defunto Lord Nelson per pagare dei debiti: nel catalogo
d’asta era descritto come composed in fine poetical taste, a very capital
specimen of the talents of this highly accomplished artist. Questi commenti
favorevoli, dettati da affetto, prima, e da necessità poi, differiscono
alquanto dall’idea che si aveva dell’arte di Elisabeth in Inghilterra e che può
essere riassunta col giudizio che ne diede nel 1804 Sir George Beaumont : that
imitative kind of painting resembles waxwork (70).
A Venezia la pittrice eseguì un ritratto che
ebbe lo stesso tipo di successo: era il ritratto che le chiese Vivant Denon
della sua amante, la Contessa Isabella Teotochi Albrizzi (71). Insieme ad altri
frequentatori del salotto della bella donna di origini greche, Denon pubblicò
il volumetto L’originale e il ritratto (72) nel quale furono raccolte
numerose poesie scritte per esaltare la bellezza della Albrizzi e la maestria
con cui la Vigée Le Brun l’aveva ritratta. In una di queste poesie (73) si
affermò addirittura che nessun uomo avrebbe mai potuto realizzare un ritratto
così bello della contessa. Solo una donna infatti poteva rimanere a guardarla
così a lungo senza innamorarsene.
Dopo la prefazione al testo e prima delle
poesie Denon inserì una lettera indirizzata a un tal signor Zacco, che serve
come pretesto per una breve Note sur la vie & le talent de Madame le
Brun (74) dove egli esalta la bravura della pittrice e la sua dedizione al
lavoro e all’esercizio della pittura.
Successivamente troviamo testimonianze
dell'apprezzamento della nobiltà polacca e russa per il talento di Elisabeth.
Due anni dopo l'arrivo della pittrice, a San Pietroburgo arrivò anche Stanislas
Auguste Poniatowski (75), ultimo re di Polonia, patrono delle arti e ardente
francofilo. Appena seppe della presenza della Vigée Le Brun, che aveva già
incontrato a Varsavia qualche anno prima e le cui opere egli considerava di
grande perfezione (76), volle andare a trovarla:
Il [19] marzo il re, accompagnato da due signore della sua famiglia,
dal Conte Mniszech e da alcuni gentiluomini della sua scorta, andò a visitare
lo studio della famosa Mme le Brun che aveva chiesto a molte persone che aveva
dipinto che le restituissero temporaneamente i loro ritratti. Nel suo studio
quel giorno [queste opere] eguagliarono la grande reputazione di questa
celebrata artista. (77)
La pittrice eseguì due ritratti del re
quell'anno (78) e ne tenne uno per sé, a ricordo dell'affettuosa familiarità
(79) con cui egli la trattava. Ella ricorda così l'amabilità dello sfortunato
personaggio nei suoi Souvenirs: La sua gentilezza era proprio fuori
dal comune. Ricordo di averne avuto io stessa una prova, e il solo ricordo mi
fa ancora vergognare. Mentre dipingo, la sola persona che desidero vedere è il
mio modello. In più di una occasione, ciò mi ha fatto agire rudemente con chi
mi interrompeva mentre ero al lavoro. Un mattino, mentre ero impegnata a finire
un ritratto, il re di Polonia venne a farmi visita. Avendo sentito il rumore di
numerosi cavalli alla porta, sospettai che fosse lui. Ma ero così assorta nel
mio lavoro che persi la calma, e non appena egli aprì la porta urlai "Non
ci sono." Il re, senza dire una parola, si rimise il mantello e se ne
andò. Quando posai la mia tavolozza e a mente fredda capii cosa avevo appena
fatto, fui così contrita che nel pomeriggio andai alla residenza del re per
porgere le mie scuse e chiedere il suo perdono. "Come mi avete ricevuto
stamattina!", mi disse non appena mi vide. Poi aggiunse subito:
"Capisco perfettamente che disturbando un’artista al lavoro, le si può far
perdere la pazienza. Per questo non gliene faccio una colpa." E mi fece
rimanere per la cena durante la quale non fece alcuna menzione del mio cattivo
comportamento. (80)
Anche la principessa Catherine Feodorovna
Dolgorouky (81) apprezzò molto lo stile della nostra: il ritratto che Elisabeth
le fece (82) le piacque talmente che le fece omaggio di una carrozza e di un
braccialetto con l'iscrizione Adorna colei che adorna il suo secolo
eseguita in diamanti.
Al suo ritorno in patria (83), anche se fu
accolta con grande affetto da amici e parenti, Elisabeth non trovò più nulla di
ciò che aveva lasciato dodici anni prima. La maggior parte dei suoi committenti
erano morti o in disgrazia e, cosa più difficile da accettare, l'arte era
profondamente cambiata ed era quasi esclusivamente a servizio di Napoleone.
Dalla Russia la pittrice aveva portato con sé molte opere da terminare e si dedicò
alacremente a questi lavori ed espose il ritratto di Stanislaus Augustus
Poniatowski al Salon di quell'anno. Ma la situazione era pessima: partì
alla volta dell'Inghilterra, ma vi trovò ben pochi amici (84) ed estimatori
(85). Nel 1805 nella prefazione delle Oriental Tales Hoppner (86)
riassunse con toni aspri il giudizio che la maggior parte degli artisti inglesi
avevano di lei: prima di tutto non le perdonavano il fatto che i suoi quadri
erano pagati più dei loro e, in secondo luogo, i suoi quadri erano troppo
finiti, troppo simili a waxwork, come ricordato precedentemente (87).
Dopo la sua morte, avvenuta il 30 marzo del
1842, il Journal des Débats del primo di aprile di quell'anno pubblicò
un necrologio che certo la pittrice avrebbe molto apprezzato, poiché in esso
ella era considerata prima pittrice di storia e poi di ritratti:
Madame Vigée Le Brun, peintre d’histoire et
de portraits, membre de l’ancienne Académie de Peinture en France et de presque
toutes les Académies d’Europe, est mort hier, 30 mars, à l’age de 87 ans. (88)
Ma la gloria postuma durò ben poco ed i suoi
primi biografi le resero poca giustizia, trattandola più come un fenomeno
sociale piuttosto che come una artista seria e degna di stima.
Alla fine dell'Ottocento apparve la prima
biografia di Elisabeth, per mano di Charles Pillett (89), ma fu nei primi
vent'anni del secolo successivo che comparvero numerose pubblicazioni sulla
vita della Vigée Le Brun.
Nel 1908 Pierre de Nolhac scrisse una
biografia abbastanza esauriente e vi aggiunse anche un lungo catalogo delle
opere della pittrice (90): purtroppo quest'ultimo, compilato da Pannier, è del
tutto acritico e contiene una grande quantità di dipinti spuri, attribuiti alla
Vigée Le Brun da diverse case d'asta al solo scopo di trarre maggiori profitti
dalle vendite. Meglio sarebbe stato ripubblicare i nomi dei modelli e i titoli
dei dipinti come apparivano nell’appendice dei tre volumi delle memorie
dell’artista.
Per quanto riguarda il giudizio critico su
Elisabeth, Nolhac lodò ben poco la pittrice, che per lui altro non era che la
ritrattista delle frivole dame francesi del Settecento:
Elle n’appartient pas à la lignée des
grands peintres… mais elle a son rang parmi les maitres du portait, car elle
porte un exact témoignage sur son époque. Elle a compris merveilleusement
les femmes de sa génération et les a représentées comme elles revaient d’être
admirées…, c’est la femme française que Madame Vigée-Lebrun sut rendre le
mieux, et c’est elle seule qui fait durable son aimable gloire (91).
Lo studioso è decisamente riduttivo
nella sua paternalistica condiscendenza nei confronti di Elisabeth: ricorda
quasi esclusivamente le opere del periodo prerivoluzionario e non fa parola dei
ritratti maschili eseguiti dalla pittrice, che hanno molta più forza espressiva
di quelli femminili (92). La considera una creatura fragile, affascinante
soprattutto perché donna e, sebbene membro dell'Académie, con un talento
privo di tensione e alte concezioni e un approccio con l’arte troppo
semplicistico.
I biografi successivi (93) la ritengono poco
intelligente e di scarso talento, continuando a pubblicare insieme alle notizie
sulla vita della pittrice cataloghi di opere pieni di inesattezze (94).
Negli anni Venti Haldane MacFall scrive un
grazioso volumetto (95) in cui narra in modo preciso e abbastanza obiettivo la
vita della pittrice e include alcune illustrazioni a colori, mentre Edward
Verall Lucas unì una breve biografia di Elisabeth a una di Chardin (96). Mycielski
e Wasylewski fecero invece in quegli anni una interessante analisi dei ritratti
che la Vigée Le Brun fece a personaggi polacchi nell'arco della sua vita (97),
riscoprendo opere autentiche dimenticate, identificando molti modelli di cui si
erano dimenticati i nomi e, purtroppo, aggiungendo anche opere di dubbia
attribuzione.
Per molti anni cala nuovamente il silenzio su
Elisabeth: verrà nuovamente citata solo negli anni Cinquanta come testimone
monarchica della Rivoluzione francese da Jules Michelet (98). Egli, fortemente
avverso a Maria Antonietta, diede un’analisi particolarmente risentita del
ritratto della regina coi figli a Versailles:
Nel formale ritratto lasciatoci nel 1788
dalla sua ritrattista, Madame le Brun – che la adorava e deve averla abbellita
con tutto il suo affetto – uno già sente un che di repulsivo e sdegnoso. (99)
La sua opera viene presa in considerazione
solo brevemente negli studi attuali sull’arte della sua epoca (100) ed è
raramente citata nei testi standard di storia dell’arte, dove viene per lo più
considerata una discreta seguace di Greuze senza altri particolari meriti.
Nel 1967 sono stati pubblicati numerosi
articoli su dipinti particolari o gruppi specifici di opere di Elisabeth.
Albert Pome de Mirimonde (101) la cita a proposito dei ritratti di musicisti
(102), ma non ha un'alta considerazione della sua arte:
En fait, il arrivait à Mme Lebrun de
manquer un peu d'imagination. Elle se referait alors volontiers à un precedént. Il
y aurait un petit article a consacrer aux pastiches et plagiats de Mme Lebrun,
mais nous nous garderons bien de l'icrire pour ne pas contrister l'ombre d'une
aussi jolie femme. (103)
A rilanciare le capacità artistiche della
Vigée Le Brun ci fu, nello stesso anno, Ilse Bischoff, che scrisse due articoli
(104) nei quali sottolinea la grande differenza fra i ritratti femminili della
pittrice e quelli maschili. In effetti, a parte i commenti favorevoli del Salon
del 1791 sul suo Paisiello, nessuno mai aveva posto l'accento sui
ritratti di uomini di Elisabeth, che hanno uno spessore molto maggiore rispetto
alle eteree dame europee del Settecento.
Un'interessante, anche se parzialmente
imprecisa, raccolta di informazioni e notizie sulle opere russe della Vigée Le
Brun si trova in un lavoro di Lada Nikolenko (105). I ritratti di personaggi
russi, divisi per sesso, sono raccolti insieme per la prima volta e corredati
di informazioni varie, dal nome (106) alla storia della famiglia, da vecchie
esposizioni alla storia del quadro fino agli anni Sessanta.
Nel decennio successivo gli studi delle donne
sulle donne hanno riportato alla ribalta molte pittrici dimenticate o poco
analizzate. Il testo che inaugurò questo movimento è il catalogo
dell'eccezionale mostra inaugurata al Los Angeles County Museum of Art nel
1976: Women Artists: 1550-1950 (107). La parte inerente alla Vigée Le
Brun è trattata in modo molto particolareggiato, con una attenta sintesi della
sua vita e della sua carriera, ed anche la scelta delle opere da esporre, meno
note e meno usuali (108), dimostra un forte desiderio di rivalutazione
obiettiva dell'opera della pittrice. Anche se solitamente è difficile parlare
di obiettività riferendosi a giudizi critici, le autrici di questo testo sono
riuscite a esprimersi in modo equilibrato, senza eccedere nelle lodi ed
evitando i banali stereotipi accumulatisi con gli anni nelle biografie
precedenti.
Nell'ambito degli studi sulle donne pittrici
un altro testo fondamentale è Le tele di Penelope di Germaine Greer
(109). Questa studiosa parla della Vigée Le Brun in modo altalenante,
considerandola inizialmente una banale seguace di Greuze, ed esprimendo poi
giudizi moraleggianti soprattutto sul suo comportamento nei confronti di due
donne pittrici sue contemporanee: la Kauffmann e la Labille Guiard, ma quando
sembra condannarla senza appello sia come persona -egocentrica e superba- che
come artista, ecco che all'arrogante e indipendente Vigée-Le Brun (110) vengono
concesse molte attenuanti (111), che la fanno diventare una pittrice seria e
impegnata nel lavoro (112). Unico neo è il tono, proto-femminista, con cui
la Greer insinua che la prima, o forse unica chiave del successo di Elisabeth
fosse il suo fascino personale (113), senza il quale, dice lei, la pittrice non
avrebbe avuto accesso alle gallerie d'arte e non avrebbe ottenuto il favore dei
grandi personaggi dell'alta società.
Anche la più nota fra le scrittrici
femministe, Simone de Beauvoir dedicò alcune pagine del suo deuxième sexe
(114) alla nostra: ...Mme Vigee-Lebrun ne se lasse pas de fixer sur ses
toiles sa souriante maternité. (…) Certes, le moi n'est past toujours
haïssable. Peu de livres sont plus passionnants que certaines confessions: mais
il faut qu'elles soient sincères et que l'auteur ait quelque chose à confesser.
Le narcissisme de la femme au lieu de l'enrichir l'appauvrit; à force de ne
faire rien d'autre que se contempler, elle s'anéantit; l'arnour même qu'elle se
porte se stéréotypie: elle ne découvre pas dans ses [œuvres] son authentique
expérience, mais une idole imaginaire bâtie avec des clichés. (115)
Come
fa giustamente notare Joseph Baillio, la critica della de Beauvoir è
decidedly unfair, since Vigée Le Brun painted only two portraits of herself
with her daughter, Julie (116). Baillio aggiunge anche che, secondo lui, l'irritation
di Simone de Beauvoir nasce dal fatto che la pittrice abbia voluto unire al suo
narcisismo la glorification of her own motherhood, mettendo a servizio
della sua carriera a major stumbling block to a woman's "true"
affirmation of self and to her unrestricted freedom of action (117).
Negli anni Novanta altri studi sulle
donne hanno raggruppato le maggiori donne pittrici in raccolte di più ampio
respiro, inserendo la loro esperienza artistica in ambito sociologico (118) o
letterario (119). Una visione ancora più ampia dal punto di vista
interdisciplinare è The Exceptional Woman: Elisabeth Vigée-Lebrun and the
Cultural Politics of Art di Mary Sheriff (120), che personalmente ritengo
un po' troppo dispersivo e spesso esagerato nella psico-analisi delle facoltà
mentali di Elisabeth: la docente americana prende addirittura in considerazione
la possibilità che la pittrice fosse un ermafrodito e che avesse una relazione
omosessuale con Maria Antonietta (!).
La mostra Elisabeth Louise Vigée Le Brun
(1755-1842) (121), tenutasi al Kimbell Art Museum di Fort Worth,
Texas, nel 1982, ha consacrato Joseph Baillio a biografo e studioso ufficiale
della pittrice. Baillio ha iniziato a pubblicare articoli e saggi su Elisabeth
nel 1980 (122), anno in cui è iniziata anche la preparazione di un catalogo
critico di tutte le opere della pittrice, che purtroppo non ha ancora visto la
luce. Le osservazioni dell'americano sull'arte della Vigée Le Brun sono
soprattutto di tipo iconografico e sono supportate da una documentazione abbastanza
accurata. Secondo me Baillio però non trova sempre i giusti riferimenti quando
si tratta di cercare i modelli ispiratori di Elisabeth e ritengo che alcune sue
indicazioni siano alquanto discutibili. Suo grande merito è però l'aver
fortemente voluto la mostra del 1982, che ha risvegliato l'interesse degli
storici dell'arte, mai veramente sopito, nei riguardi della Vigée Le Brun.
Innumerevoli e sempre molto positive sono state le recensioni della mostra
(123) e abbondanti, come si è visto, le pubblicazioni e gli interventi inerenti
Elisabeth negli ultimi vent'anni (124).