SCHEDA N°12 (figg. 12a, 12b)

 

Le giovani granduchesse Yelena e Aleksandra Pavlovna, figlie dell’imperatore Paolo I, che guardano un medaglione con l’effigie di Caterina II

1796

 

olio su tela - tondo dipinto -, 99 cm Æ

firmato e datato a destra sullo sfondo: Le Brun 1796

Ermitage, San Pietroburgo

 

 


 


Fig.12a

Fig.12b

 

 

PROVENIENZA: ricevuto dal Museo-Palazzo Gatchina nel 1934.

BIBLIOGRAFIA: VIGÉE LE BRUN, 1835-37, pp.114-15; NIKOLENKO, 1967, p.112; LARSEN, 1988, fig.1032, p.404; HERMITAGE, 1986, p.144-45.

ESPOSIZIONI: 1905, San Pietroburgo, Taurida Palace Exhibition, n.260; 1968-69, Belgrado, n.42.

 

REPLICHE E COPIE: Copia ascritta a Vladimir Borovikovsky, Romanov Gallery, Ermitage.

INCISIONI: Incisione del 1799 di N. Plakhov.

 

Aleksandra Pavlovna (1783-1801) [Fig.12a, a sinistra] era la prima figlia di Paolo I e Maria Fyodorovna e nel 1799 sposò il Palatino d’Ungheria (il giovane re di Svezia [primo pretendente alla mano della granduchessa]… arrivò a San Pietroburgo … il 14 agosto 1796.... ricordo che quando venne a casa mia per vedere il ritratto che avevo dipinto della sua futura fidanzata [Alexandrine], fissò il dipinto con tale rapita attenzione che gli cadde il cappello dalle mani. – VIGÉE LE BRUN 1835-37, p.114). Yelena Pavlovna (1784-1803) era invece la figlia più giovane e si sposò nello stesso anno della sorella con l’erede del Ducato di Mecklenburg-Schwerin.

Secondo quanto la Vigée Le Brun ricorda nei suoi Souvenirs, ella dovette fare delle correzioni agli abiti delle due bambine perché aveva saputo che Caterina la Grande li disapprovava. La pittrice dice poi che erano tutte menzogne, ma sappiamo che Caterina fu realmente insoddisfatta di questo ritratto. In una lettera a Grimm ella sottolinea che non le piacevano quelle tuniques gros rouge et violette, e pensava che le sue due nipotine fossero state ritratte come deux vilaines petites Savoyardes coiffées en bacchantes, avec des grappes de raisin e deux singles [sic] accroupis qui grimacent a cote l'un de l'autre. (Ermitage, 1986, p.413). In un'altra lettera (ringrazio Charles Stein che me ne ha fornito la versione inglese) l'imperatrice le paragona a due cagnolini e si lamenta che la più giovane abbia il collo tutto girato e che, oltre a non aver colto le fisionomie delle due bambine, la Vigée Le Brun le aveva "sfigurate" in modo tale che non si capiva chi delle due fosse la maggiore. Ecco come la pittrice ci racconta la sua versione dei fatti: Appena Sua Maestà fu di ritorno da Czarskoiesiolo, il barone di Strogonoff venne a ordinarmi, da parte dell’imperatrice, i ritratti delle due granduchesse Alessandrina ed Elena. Queste principesse avranno avuto tredici o quattordici anni: il loro viso era celestiale, sebbene con espressioni assai diverse. Il colorito della loro pelle soprattutto era così fine e delicato che si sarebbe creduto che vivessero di ambrosia. La maggiore, Alessandrina, aveva una bellezza greca, assomigliava molto ad Alessandro; ma il viso della più giovane, Elena, era immensamente più fine. Le avevo raggruppate insieme, mentre tenevano e guardavano il ritratto dell’imperatrice: erano vestite un po’ alla greca, con molta semplicità e modestia. Fui dunque alquanto sorpresa quando Zuboff, il favorito, mi fece dire che Sua Maestà era scandalizzata di come avessi vestito nel mio quadro le due granduchesse. Credetti talmente a quella cattiva insinuazione, che mi feci premura di sostituire le mie tuniche con i vestiti che portavano le principesse e di coprire loro le braccia con tristi mezzemaniche. La verità è che l’imperatrice non aveva detto niente ed ebbe la bontà di assicurarmelo la prima volta che la rividi. Cionondimeno avevo guastato l’insieme del mio quadro, senza contare che le braccia graziose, che avevo dipinte come meglio sapevo, non si vedevano più. Mi ricordo che Paolo, diventato imperatore, mi rimproverò un giorno di aver cambiato il costume che avevo in precedenza dipinto alle sue due figlie. Gli raccontai allora come fossero andate le cose, al che egli scrollò le spalle dicendo: « Le hanno fatto un tiro birbone». Non fu del resto il solo, perché io non ero simpatica a Zuboff (VIGÉE LE BRUN, 1835-37, p.115). La radiografia non rivela alcuna alterazione nel colore o nello stile degli abiti (presenta solo un cambiamento nella posizione della mano sinistra di Yelena, che era attorno alla vita della sorella). È poco credibile che i dettagli menzionati fossero dipinti in ocra (colore illeggibile dalla radiografia), più probabile è che Vigée Le Brun abbia rifatto il quadro piuttosto che ritoccarlo, ma che fosse riluttante ad ammetterlo. All’Ermitage, fin dal 1779 vi era il doppio ritratto di Elisabeth e Philadelphia Wharton di van Dyck (Fig.12b, olio su tela, 162 x 130 cm). Le due bambine hanno molto in comune con le nipoti di Caterina II: anche loro sono unite in un leggero abbraccio e, cosa più interessante, gli abiti di cui tanto si è discusso hanno gli stessi colori. Tutte e quattro, infine, hanno un girocollo dorato al collo. Il particolare degli abiti è ancor più rilevante se si pensa al caso fin troppo simile che occorse a van Dyck nel 1635. Il maestro fiammingo doveva dipingere un ritratto dei tre figli di Carlo I, ma dovette fare un secondo quadro, perché nel primo gli abiti con i quali aveva raffigurato i principini non erano adatti. L’opera rifiutata, da allora alla Galleria Sabauda di Torino, ritornò indietro con varie lettere (come quelle di Caterina a Grimm) di chiarimento.  Fra le altre vi è quella del conte Cisa, in cui si legge che il re faché contre le paintre Vandec por ne leur avoir mis leur Tablié comme on accoustume aux petit enfants. (LARSEN, 1988). Se non esistessero le lettere di Caterina II a Grimm, a testimoniare la veridicità dei fatti narrati dalla pittrice, verrebbe da pensare che fosse tutta una sua invenzione per colorire le sue memorie e per paragonarsi velatamente con il maestro fiammingo alla quale era già stata associata da altri (si veda il capitolo VI) e da cui attingeva pose e soluzioni tecniche. Esiste una copia del quadro della Vigée Le Brun dipinta da Vladimir Borovikovsky, collocata nella Romanov Gallery dell’Ermitage. L’attribuzione alla pittrice francese è messa in dubbio da un poscritto nell’inventario manoscritto della Ronmanov Gallery che dice: Ce tableau n’est pas celui, mentionné par Catherine II dans les lettres au baron Grimm et dont elle était trés mécontente. Ce dernier est conservé au Palais de Gatchina. Nel 1799 N. Plakhov, ne fece un’incisione.