La serie degli autoritratti nell'opera di
Elisabeth Vigee Le Brun

Kathleen Russo, Phd, Florida Atlantic University Presentato nel 1996, ad Amsterdam

Il diciottesimo secolo testimonia una accresciuta schiera di pittrici donne professioniste che erano in competizione coi loro colleghi maschi e anche fra loro stesse per ottenere clienti e un posto nelle accademie più prestigiose. Questo portò a restrizioni nel numero di membri donne in varie istituzioni e persino l'esclusione dall'Accademia reale francese, che nel 1706 votò perché non fossero più ammesse le donne. Sebbene questa decisione fosse stata poi cambiata in modo da poter includere almeno quattro donne, le opportunità per le donne di raggiungere la fama e il successo dei loro contemporanei maschi erano limitate, e peggiorava la situazione il fatto che esse non potevano esercitarsi nelle accademie né frequentare le lezioni di disegno dal vero. Nonostante tutto, ci fu un gran numero di artiste donne nel diciottesimo secolo che divennero note per il loro talento, nell'insegnamento, per innovazioni stilistiche, influenze su altri artisti e una certa prosperità professionale. Ciò si può vedere perfettamente nella vita e nelle opere della pittrice francese Elisabeth Vigee Le Brun.

Elisabeth Vigee Le Brun É stata una dei più famosi e prolifici ritrattisti di tutta la storia dell'arte. Da un suo conteggio, eseguì più di novecento opere durante i suoi ottantasette anni di vita (1755-1842). Fra queste opere ci sono dipinti di storia, e anche paesaggi, ma la stragrande maggioranza erano ritratti raffinati e idealizzati degli aristocratici più eminenti del suo tempo. La sua più importante mecenate fu la tanto malignata regina di Francia, Maria Antonietta. Vigee Le Brun dipinse più di venti ritratti di questa regina austriaca, dal 1778 fino alla fuga della pittrice dalla Francia nella notte in cui i regnanti furono fatti prigionieri dalla folla rivoluzionaria, il 6 ottobre 1789. Due dei suoi più noti ritratti della regina, entrambi a Versailles, sono "Maria Antonietta con in mano una rosa (1784) e "Maria Antonietta coi suoi figli" (1787). Una presenza unica, con la sua eleganza casuale e un lussureggiante paesaggio di sfondo, É più tipica nei ritratti di Vigee Le Brun, ma il gruppo di famiglia É uno dei suoi dipinti più grandi e più noti. Era stato commissionato dallo stato con scopi propagandistici perché il pubblico odiava la regina e la considerava una cattiva madre. Qui Vigee Le Brun ha promosso l'ideale rousseiano della famiglia felice, un'immagine che l'artista avrebbe più tardi abbracciato nei suoi stessi autoritratti con la figlia. Gli abiti eleganti ed elaborati indossati in entrambi questi ritratti di Maria Antonietta non erano del genere preferito dalla pittrice. Nei suoi "Souvenirs", scritti quando era ormai ottantenne, Vigee Le Brun dice: "Detestavo lo stile degli abiti femminili allora in voga, impiegavo tutti i miei sforzi per rendere gli abiti più pittoreschi, ed ero deliziata quando, dopo aver preso confidenza con le mie modelle, riuscivo a drappeggiarle secondo la mia fantasia." Si può notare questa "fantasia" nel suo più controverso ritratto chiamato "Marie Antoinette en Gaulle" (1783), il termine É usato per indicare l'abito di mussola leggera legato in vita indossato dalla regina. La mecenate indossa anche un cappello di paglia adornato con piume e un nastro, e ancora tiene in mano il suo simbolo, la rosa. Quest'opera causò uno scandalo quando fu esposta al Salon del 1783 e l'artista fu obbligata a ritirare il quadro appena pochi giorni dopo l'apertura dell'esposizione. i critici dissero che la regina appariva indecente e per nulla regale, ma in realtà l'artista stava solo mostrando uno stile nuovo ormai emergente, uno stile più "naturale" che lei stessa rese popolare.

Vigee-Lebrun aveva molta più libertà quando dipingeva se stessa, un'impresa in cui era spesso impegnata. Le sono attribuiti quasi quaranta autoritratti, sebbene molti di questi siano copie autografe di originali. Questa tendenza a dipingere molte versioni della stessa composizione era tipica dell'epoca e non sminuiva affatto l'importanza del suo lavoro. Dato che anche altri artisti facevano copie dei suoi più ammirati lavori, comunque, molte versioni dello stesso dipinto potrebbero essere disponibili per essere studiate. Gli autoritratti di Vigee-Lebrun incontrarono una grande quantità di responsi della critica dal momento in cui erano stati dipinti fino ai nostri giorni. Fra i suoi contemporanei, Grimm li definì "brillanti e pieni di grazia", mentre Michael Levey e Simone de Beauvoir li hanno tacciati di narcisismo. Le femministe Parker e Pollock li considerano inappropriate rappresentazioni di una professionista, mentre Boime li definisce insieme "spontanei" e "superficiali". Sheriff li chiama "abili performances artistiche dipendenti dalla capacità di usare codici, gesti e stili mimetici significativi", mentre Baillio sottolinea il fatto che essi introducono un'apparenza "più naturale". Nessuno li ha definiti "brutti" o "mal eseguiti" e uno sguardo ai suoi più importanti autoritratti dimostra facilmente il perché. Gli autoritratti di Vigee-Lebrun sono indubbiamente fra le immagini più belle e più riccamente colorate mai dipinte, cosa che li rende tanto importanti da essere inclusi in ogni archivio di ricerche visuali. essi inoltre documentano e riflettono i drammatici cambiamenti che ebbero luogo sia dal punto di vista politico sia da quello stilistico durante l'ultima parte del diciottesimo secolo, come mostreremo, rimanendo anche una personale evocazione di una fra le più famose pittrici della storia.

Il grande maestro fiammingo Peter Paul Rubens ebbe un profondo impatto sul colore, le tecniche luministiche e l'approccio alla composizione di Vigee-Lebrun. Ella eseguì delle copie del ciclo mediceo del Palace du Luxembourg all'inizio della sua precoce carriera, ma fu particolarmente impressionata dalle opere che poté vedere durante il suo primo viaggio nelle Fiandre, con suo marito, il mercante d'arte J.B.P. Lebrun, nel 1781. Quando tornò in patria ella dipinse due autoritratti sotto l'influenza di Rubens.

Il primo era l'Autoritratto col fiocco rosso (Kimball, 1782) dipinto quando aveva 27 anni. In esso indossa una Robe en Gaulle di mussola bianca con un nastro e un fiocco rossi, uno scialle nero, e un cappello piumato simile a quello che indossava la regina nel ritratto di un anno prima, di cui abbiamo già parlato. I cappelli leggeri e non cotonati, come piacevano alla pittrice, che lei stessa si acconciava (sua madre era una parrucchiera), contribuiscono a quello che lei descrive come un "aspetto fresco adatto alla giovinezza". Si dipinge anche in modo molto avvenente, fatto menzionato da quasi tutti i commenti contemporanei su di lei. Sua nipote Justin Tripier Le Franc la descrive bionda, con occhi blu, alta, ben fatta, con un magistrale portamento, un tratto che lei stessa ammirava in modo particolare in Maria Antonietta. Altri contemporanei ne lodano lo spirito, la grazia, e il fascino - tutte qualità molto apprezzate nella Parigi dell'Ancien Regime e magistralmente colte in questo autoritratto giovanile. Ciò che non ha rappresentato in questo ritratto É il suo ruolo di pittrice, professione che ormai esercitava già da dodici anni, visto che aveva iniziato la sua carriera a quindici anni. Guadagnava già così tanti soldi che aveva attirato l'attenzione della legge che minacciò di arrestarla poiché lavorava senza licenza. Per porre rimedio alla situazione entrò nell'Academie Saint-Luc nel 1774, dove espose regolarmente le sue opere. Nel 1783, un anno dopo l'esecuzione di questo autoritratto, divenne membro dell'Accademia Reale. Quindi, era una donna professionalmente affermata quando eseguì questa immagine sorridente e quasi sensuale di se stessa.

Se nel dipinto appena discusso ella non fa riferimento alla sua professione, lo fa nel secondo autoritratto che dipinse sotto l'influenza di Rubens. Detto "Autoritratto con cappello di paglia" - 1783 (National Gallery, Londra), quest'opera si riferisce direttamente al ritratto fatto da Rubens di Susannah Fourment. Vigee-Lebrun ci dice nei suoi "Souvenirs" che vide questo dipinto ad Anversa e che esso "mi deliziò e mi ispirò in tal modo che a Bruxelles feci un mio autoritratto, sforzandomi di ottenere gli stessi effetti.". É importante notare che nella discussione dei motivi per cui rimase tanto impressionata dall'opera di Rubens, ella enfatizza l'approccio tecnico del maestro dicendo, "Il punto di forza É nelle due differenti fonti luminose - quella del sole, e quella del suo stesso riflesso ... Forse solo un pittore può apprezzare tutta la potenza dispiegata qui da Rubens". Anche lei ha enfatizzato le luci e le ombre riflesse dall'atmosfera dell'aria aperta catturata in questo autoritratto. Mary Sheriff ha recentemente pubblicato una analisi provocativa e originale del lavoro di Vigee-Lebrun in generale, e in particolare su questo autoritratto del 1783, dal titolo The Exceptional Woman (University of Chicago Press, 1996). Sheriff conclude che nel suo autoritratto col cappello di paglia, Vigee-Lebrun si identifica come una "intima della regina, come il pittore Rubens, come la di lui amata moglie (dato che Vigee-Lebrun pensava che Susannah Fourment fosse la moglie di Rubens), come una figura dipinta da Rubens, come una pittrice di storia, un ermafrodito, un'artista ispirata, un'intellettuale che sta facendo un ragionamento (si veda la gestualità retorica), un soggetto parlante, una bella donna, un articolo reso oggetto (oggetto sessuale), una immodesta pittrice che gode nell'autoesporsi. Sebbene Vigee-Lebrun probabilmente non avrebbe unito la tavolozza e i pennelli incisi sulla sua lapide all'associazione con l'ermafroditismo (riferimento al suo talento e al suo successo nel mondo dell'arte dominato dagli uomini), Sheriff ha ben catturato abbondanti fonti e riferimenti presenti in questo dipinto, opera che la stessa pittrice ci dice abbia "aumentato considerevolmente" la sua reputazione al Salon del 1783. Raffaello ispirò il suo successivo autoritratto con la figlia (Louvre, 1786). Non più la giovane ingenua o la professionista piena di autostima con tavolozza e pennelli in mano, Vigee-Lebrun É ora la madre devota secondo la nuova "sensibilità" influenzata da Jean Jacques Rousseau. Nello spirito della Madonna della seggiola di Raffaello, l'artista abbraccia la figlia Julie, che fu così chiamata probabilmente dal nome dell'eroina del più noto romanzo di Rousseau (il più letto di tutta la fine del diciottesimo secolo). É significativo che nel ritrarsi come madre, Vigee-Lebrun abbai forgiato un nuovo genere nella realizzazione degli autoritratti femminili, mentre negli anni le pittrici si erano impegnate a dimostrare il loro ruolo di donne di stile ed educate, di professioniste sedute al cavalletto con la tavolozza in mano, escludendo in questo modo l'enfasi materna, forse per paura di non essere prese in seria considerazione come artiste. In questo periodo, comunque, Vigee-Lebrun era pagata per i suoi ritratti più degli altri ritrattisti, incluso Gainsborough. La grande quantità di commissioni che le era affidata era sempre soddisfatta perché lavorava tutto il giorno, ogni giorno, con rarissime interruzioni. Dice che un giorno di riposo che lei chiama "calma" le ridava le forze per lavorare a lungo e duramente per così tanti anni. Così, ebbe la possibilità di mostrarsi nel ruolo sentimentale di madre senza preoccuparsi della sua posizione professionale.

Lo stile più secco e lineare di questo dipinto, con la sua più liscia applicazione del colore, riflette il nascente movimento neoclassico francese. Ella accoglierà questa nuova moda stilistica in un altro autoritratto con la figlia (1789, Louvre) dipinto due anni dopo. "Questo famoso dipinto É noto come un precoce drammatico esempio del cambiamento del gusto". Anche Levey, che parla in modo molto sprezzante di Vigee-Lebrun, le accorda il merito di aver creato un nuovo tipo di approccio alla ritrattistica." La famosa Madame de Recamier di David, dipinta undici anni dopo, ha una grande somiglianza stilistica con questo dipinto. Vigee-Lebrun conosceva bene David, ma i due avevano opinioni politiche opposte. Madame de Recamier andò in esilio per un litigio con Napoleone e, per coincidenza, era da Madame de Stael quando Vigee Lebrun stava dipingendo il ritratto di quella famosa scrittrice nel suo castello sul lago di Ginevra. Vigee-Lebrun passò dodici anni in esilio dopo la su fuga da Parigi del 1789. Durante questo periodo fu accolta in tutta Europa e in Russia, dove continuò ad essere sommersa da commissioni di ritratti e fu fatta membro di quasi tutte le maggiori accademie d'arte. A Firenze, le fu chiesto di fare un suo autoritratto per la galleria degli Uffizi, all'epoca il granduca era il fratello di Maria Antonietta. In questo dipinto, in realtà dipinto a Roma nel 1790, non solo enfatizza il suo ruolo di artista di professione, al cavalletto con pennelli e tavolozza, ma sottolinea anche il suo essere stata la ritrattista della regina mostrando l'abbozzo di un dipinto di Maria Antonietta sul cavalletto. "Quando più tardi fece copie di questo quadro, cambiò il soggetto del quadro sul cavalletto da Maria Antonietta a sua figlia Julie (National Trust, Suffolk), forse per ragioni politiche, poiché desiderava tornare in patria. L'immagine sul cavalletto cambia ancora in una incisione fatta dal suo amico Vivant-Denon durante la sua visita a Venezia nel 1792. Ora É Raffaello a essere catturato dal suo pennello, un riferimento alla sua ammirazione per il grande maestro del Rinascimento, ma anche al fatto che con il suo autoritratto per gli Uffizi si era guadagnata un posto fra i grandi artisti della storia, compreso Raffaello. La sua contemporanea Angelica Kauffmann aveva fatto anche lei un autoritratto per gli Uffizi, il quale era stato ammirato da Vigee-Lebrun durante la sua visita alla galleria.(14) Incontrò a Roma più avanti la Kauffmann e la definì intelligente e ben informata. Comunque, aggiunge anche un po' malignamente che la pittrice era quasi cinquantenne (aveva 48 anni) e fragile, essendo stata rovinata dall'avventuriero svedese che aveva sposato. "vigee-Lebrun potrebbe aver enfatizzato la situazione della Kauffmann poiché il suo stesso marito era uno sfruttatore donnaiolo che aveva scialacquato tutti i suoi soldi. Egli più tardi divorziò da lei durante il suo esilio perché le sue proprietà non gli venissero confiscate. Almeno in esilio Vigee-Lebrun poteva tenersi la fortuna ammassata col suo lavoro, che avrebbe usato successivamente per comprare le proprietà dell'ex-marito per se stessa. Fu suo marito che la incoraggiò all'inizio a prendere delle allieve per guadagnare ancora di più. Lo fece un po' riluttante e si lamentava del tempo che l'insegnamento toglieva al suo lavoro. Questo non era il caso della sua formidabile rivale Adelaide Labille-Guiard, che dimostra questo ruolo di insegnante nel suo Autoritratto con due allieve (Metropolitan Museum of Art New York, 1785). Vigee-Lebrun e Labille-Guiard, ammesse all'Accademia nello stesso giorno, venivano raffrontate costantemente in campo professionale. (16) Come É già stato osservato da altri, il mostrare le due donne come rivali, evitava la necessità di compararle con i loro contemporanei colleghi maschi. Vigee-Lebrun era spesso confrontata con un'altra pittrice di successo, Rosalba Carriera (1675-1757). Carriera dipinse otto autoritratti, compreso un pastello per gli Uffizi in cui tiene in mano un ritratto della sorella. La fama di Rosalba nacque dall'uso che fece del pastello per opere finite piuttosto che per studi. Il suo lavoro ebbe un enorme impatto nell'arte francese durante il suo soggiorno a Parigi nel 1720-21. Per il resto del secolo i pastelli furono la tecnica favorita dagli artisti francesi, incluso il padre di Vigee-Lebrun, Louis Vigee. Anche se suo padre morì quando lei aveva appena dodici anni, Vigee Lebrun lavorò spesso a pastello. Un esempio di questa tecnica É l'autoritratto del 1790 che eseguì durante il primo anno di esilio (collezione privata). C'É un non comune accento di malinconia in quest'opera, sebbene una reale malinconia fosse contraria alla sua natura. Veniva descritta da tutti quelli che la conoscevano come una donna spiritosa e ottimista, anche in periodi di crisi personale e di stress. Questa sua natura di sicuro contribuì alla mancanza di penetrazione psicologica dei suoi soggetti, compresa lei stessa, cosa per cui É spesso criticata. Non era Rembrandt, anche se aveva copiato molte delle sue opere per fare esercizio. Era più in debito con la dolce sentimentalità di Greuze (per esempio: La Lattaia, Louvre) e avvisava i suoi studenti, comprese le sue nipoti, di prestare attenzione alle teste di Greuze. "Restringere il confronto del lavoro di Vigee-Lebrun a opere di altre famose pittrici donne dell'epoca, o agli aspetti più sentimentali (femminei) dei dipinti di Greuze, però, sarebbe alquanto limitativo. I suoi dipinti sono legati fortemente anche a quelli di David, come già É stato detto in riferimento al suo Autoritratto con la figlia e il ritratto di Madame de Recamier. Come Baillio ha già sottolineato, Madame Seriziat con il figlio di David era in gran debito con questo dipinto. "Un confronto fra l'autoritratto disegnato da Vigee-Lebrun nel 1800 (Pierpont Morgan Library, New York) e un disegno di Ingres, allievo di David (Count Turpin) illustra ancora una volta il fatto che le opere di Vigee Lebrun hanno una profonda relazione con quelle di autori neoclassici tardi e li hanno probabilmente influenzati. David, confrontando un suo ritratto con uno eseguito da Vigee-Lebrun, disse che il suo lavoro sembrava fatto da una donna, mentre quello della pittrice sembrava fatto da un uomo, un commento che Vigee-Lebrun prese come un complimento e fu fiera di ripetere. Come poteva accadere tutto ciò? Vigee-Lebrun non era un uomo, e neanche un ermafrodito, né uno spirito malinconico come David e Ingres. Era graziosa, ottimista, diligente, spiritosa, ritrattista di società prima e dopo la rivoluzione francese. Questa É la persona che appare catturata nei suoi tanti autoritratti. Lavorava incessantemente ed era molto apprezzata per il suo talento. questo É anche il punto cruciale dei suoi autoritratti, inclusi i lavori tardi fatti a San Pietroburgo (1800). Era fiera della sua bellezza e del suo talento? Certamente! Ma lo erano anche Quentin de la Tour, Courbet, e una gran schiera di altri pittori uomini. É evidente che c'erano tutte le giustificazioni del mondo per la sua vanità, che aveva certo buone fondamenta nel suo successo professionale. Ciò era noto ai suoi contemporanei. Quando a Sir Joshua Reynolds, Direttore della British Royal Academy, fu chiesto cosa pensasse dei suoi dipinti, egli disse che erano degni di tutti i grandi maestri vivi o morti. Quando il suo allievo Northcote chiese se fra questi includesse anche Van Dyck, il geniale ritrattista fiammingo del diciassettesimo secolo, egli rispose di sì. (19)

Note
1. Il numero 900 É citato da Eleanor Tufts in Our Hidden Heritage (London: Paddington Press, 1974), p. 132. Stime più recenti arrivano a 1,000. Secondo Karen Peterson e J.J. Wilson in Women Artists,(New York: New York University Press, 1976), p. 53, 660 di essi erano ritratti. Tufts (p. 132) dice che 200 erano paesaggi.
2. Elisabeth Vigee-Lebrun, Memoirs of Madame Vigée-Lebrun, translated by Lionel Strachey (New York: George Braziller, 1989), 22.
3. Mary Sheriff, The Exceptional Woman (Chicago and London: University of Chicago Press, 1996), 21 5.
4. Vigee-Lebrun, Memoirs, 8.
5. Joseph Baillio, Elisabeth Louise Vigee-Lebrun) 1755-1842 (Fort Worth: Kimball Art Museum), 1982), 44.
6. Vigee-Lebrun, Memoirs, 34.
7. W. H. Heim, Vigee-Lebrun 1755-1842: Her Life, Works and Friendships (Boston: Small, Maynard and Co., 1915), 38. 8. Sheriff, Exceptional Woman, 214.
9. Questo dipinto fu esposto per la prima volta al Salon de la Correspondence nel 1782. Il dipinto originale era nella collezione del suo rumoreggiato amante il Conte de Vaudreuil e ora É in una collezione privata in Svizzera. Una copia autografa É alla National Gallery, Londra.
10. Julie Lebrun (1780-1819) aveva nove anni all'epoca.
11. Questo ritratto fu commissionato da D'Angiviller, il direttore degli Edifici Reali.
12. Michael Levey, Painting and Sculpture in France, 1700-1789 (New Haven and London: Yale University Press, 1993), 282.
13. Aveva già utilizzato la stessa composizione per il ritratto della sua amica, la marchesa de Grollier, una pittrice di fiori. Vedi Baillio, Vigee Lebrun, 76.
14. Ci sono 415 autoritratti esposti agli Uffizi, mentre più di 1,000 sono in magazzini. Vedi Luciano Berti, Uffizi (Firenze, 1974), 134.
15. Helm, Vigée-Lebrun, 110.
16. Nel 1782 esposero entrambi al Salon de la Correspondance e i loro lavori erano spesso appesi vicini alle esposizioni del Salon.
17. Vigee-Lebrun studiò con Greuze e fece molte copie di suoi lavori.
18. Baillio, Vigee-Lebrun, 10.
19. ibid, 63.




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